Le verità di Andolina, dai Balcani a Stamina

Esce per Mursia l’autobiografia del medico triestino “Un pediatra in guerra”
Il professor Marino Andolina, vicepresidente Stamina Fountation, durante la conferenza stampa indetta per presentare i risultati degli esami clinici relativi ai pazienti in trattamento con metodo Stamina a Roma, il 24 ottobre 2013..ANSA/MASSIMO PERCOSSI
Il professor Marino Andolina, vicepresidente Stamina Fountation, durante la conferenza stampa indetta per presentare i risultati degli esami clinici relativi ai pazienti in trattamento con metodo Stamina a Roma, il 24 ottobre 2013..ANSA/MASSIMO PERCOSSI

Quando muore un ragazzino se ne va un pezzo di futuro. E un medico come Marino Andolina non ha mai accettato di assistere impotente alla fine di una giovane vita. Lui, allievo di Franco Panizon, ha imparato dal grande pediatra triestino «prima di tutto a lottare per il bambino che ho di fronte». Seguendo la propria coscienza, più che le regole: «Non siamo mai stati bravi a gestire protocolli di ricerca su larga scala, quei protocolli in cui i pazienti sono numeri sulla curva di Kaplan-Meier», ammette senza tanti giri di parole.

Forse è anche per questo che lui, Marino Andolina, adesso si trova al centro della bufera Stamina. Una storia complessa, spinosa, che rischia di azzerare, di gettare fango su tutto il lavoro svolto nel corso di una vita sempre fuori dagli schemi. La vita di “Un pediatra in guerra”, che il medico triestino racconta nell’autobiografia pubblicata da Mursia (pagg. 238, euro 15), che arriva nelle librerie martedì. Il primo marzo, alle 18, Andolina ne parlerà con la giornalista Maria Cristina Vilardo alla “Minerva” di Trieste, in via San Nicolò 20.

Molti lettori correranno subito alla parte finale del libro. Alle pagine che raccontano la battaglia delle staminali. Ed è normale, visto che attorno a Davide Vannoni, l’ideatore del metodo Stamina, e a Marina Andolina si è alzato un polverone di proporzioni gigantesche E lui, il medico triestino che per lunghi anni ha operato al Burlo Garofolo di Trieste, non si tira indietro. Racconta la propria verità. Mena fendenti senza risparmiare nessuno. Partendo da un punto fermo, tanto per chiarire che non si è improvvisato esperto di cose sconosciute: «Sono stato il primo al mondo a trattare un paziente con cellule staminali, quasi trent’anni fa».

Andolina non si prende meriti che non ha. Ricorda che l’idea di trattare un paziente con le staminali non è venuta a lui per primo. A proporla è stato «Matteo Adinolfi, genetista della London Medical School, che lavorava in Gran Bretagna: la sua ipotesi passò all’ex rettore dell’Università di Trieste, il professor Domenico Romeo, che la propose a me». Dice che la sua carriera, ormai alle soglie della pensione, è stata sconvolta «dall’incontro con un genio folle». Vannoni, appunto, a cui può attribuire molti difetti, ma è sicuro che «non c’è in Europa un ricercatore che sia altrettanto addentro alla biologia delle cellule staminali mesenchimali, pur non essendo un medico». Lo difende dall’accusa di essere «un truffatore che ha lucrato sulla sofferenza della gente».

Andolina si aggrappa alle storie. Racconta di un signore che l’ha denunciato anche se lui, quel giorno, non era presente. Spiega che molti confondono «la cura con la guarigione». Si fa forza sui miglioramenti di tanti pazienti, come la piccola Celeste o l’alto dirigente della Sanità lombarda. Uno sportivo affetto da Sma, atrofia muscolare spinale, che è «ritornato a fare attività atletica e ha guadagnato una decina di chili di massa magra, cioè di muscoli». Punta il dito contro le strane alleanze tra l’onorevole Paola Binetti, cattolica di ferro, e la Fondazione Luc. a Coscioni, che definisce «sostenitori dell’eutanasia». Ricorda che le staminali adulte di Shinya Yamanaka, lanciato all’attacco sul caso Stamina, sono state dichiarate «pericolose dall’Agenzia europea del farmaco», che ritiene «innocue le nostre».

Andolina, che spara a zero sul ministro della Sanità Beatrice Lorenzin e la sua «commissione scientifica che controllerà la sperimentazione» composta «quasi solo da persone con un poderoso conflitto d’interesse», avverte che «le staminali sono forse un modello di come l’Europa si sta suicidando, smettendo di lottare per l’innovazione, e lasciando all’Asia il futuro». Non si rassegna al fatto che «circa metà delle malattie croniche di interesse sociale potrebbero essere curate con cellule anziché con farmaci». Del resto, gli asiatici stanno guadagnando «una montagna di soldi facendo pagare queste cure fino a 50mila euro. La Thailandia ha ripianato il deficit del sistema sanitario col primo miliardo di euro presi dagli europei che vanno a Bangkok a curarsi».

In realtà, questo libro Andolina avrebbe voluto intitolarlo “Io e Caino”. Perché il medico, nel corso della sua vita, ha visto con i propri occhi la violenza brutale che ognuno di noi nasconde dentro di sé. E che finisce per emergere sui fronti delle guerre, ma anche nella tranquilla vita di ogni giorno: «Caino ha sempre bisogna di una scusa per ammazzare qualcuno».

E di scuse buone per uccidere, Andolina ne ha viste tante in giro per il mondo. Lui che ha iniziato a fare il medico in prima linea in Libano, poi nell’ex Jugoslavia, e ancora in Romania, in Afghanistan e in Iraq, spingendosi fino al Corno d’Africa. In tutto, ha guardato da vicino cinque guerre, quattro terremoti e uno tsunami. Dei bambini che ha visto morire, non ne può scordare nemmeno uno. «Ho dimenticato le centinaia che ho curato e salvato - scrive - mentre i miei morti mi stanno vicino ogni giorno».

E proprio lì, nelle zone di guerra, ha imparato che la verità ufficiale non sempre va accettata come fosse il Verbo. Tanto per dire, il dottor Andolina ha un ricordo di Radovan Karadži„, lo psichiatra serbo considerato uno dei criminali di guerra dei Balcani, molto diverso da quello ufficiale. Tanto che è andato a dirlo anche ai giudici del Tribunale dell’Aja che lo stanno processando. «Karadži„ mi ha consegnato un documento che mi permetteva di passare tutte le linee serbe, portando con me malati di qualsiasi nazionalità e religione».

In Iraq, Andolina faceva parte dei cosiddetti «scudi umani», confluiti da tutto il mondo per far capire che l’America stava portando la guerra laggiù solo per proteggere gli interessi delle multinazionali del petrolio. In Afghanistan si è trovato con i soldati italiani che «dovevano sostenere un governo democratico di tagliagole trafficanti di droga contro una coalizione di pazzi scatenati».

Questa è la versione, in rotta di collisione con altre verità, di un medico che ha vissuto molte vite. Facendo sempre quello che ritiene giusto.

alemezlo

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