Le tariffe agevolate per merci con nomi ormai desueti: lana di Spagna e di Puglia, fugarina, cocciniglia e cibici
Pepe, zucchero, the o altre mercanzie fini di droghe, chiodi di garofano, cannella, noci (moscate e fiore), cuoio, stoffe, pesci asciutti e salati, riso, panni d’Inghilterra e d’Olanda. Erano queste le merci che beneficiarono della cosiddetta “Tariffa particolare”, nel primo decennio di attività del Porto Franco di Trieste, cioè dal 1718 al 1728.
Lo si evince dal tariffario riportato nella relazione “della venuta e permanenza nella città di Trieste” di Carlo VI “imperatore dei romani, Re delle Spagne”.
Ma curiosando negli elenchi delle merci che godevano della famosa “Patente”, emergono anche nomi ormai desueti: Lana di Spagna e di Puglia, cocciniglia e indaco, coloranti, gummi arabico, Cibici (zibibbi, ndr), tela di tamiggio, tela da tavola fine di Svevia, di Silesia, carta fina da scrivere, ordinaria, di cancelleria, da concepire e di stampa, fugarina.
Lo stesso elenco indica i prezzi di deposito del generi preziosi, come stoffe d’argento e d’oro, pizzi d’argento, galloni, frange, bindelli, faccioletti, merci di galanterie d’oro e d’argento, tartaruga, madreperla.
Ma ecco che una nuova fotografia della movimentazione delle merci ci fa vedere, nel 1844, le modificazioni intervenute fra gli anni della fondazione del Porto Franco e la metà ‘800: caffè, cereali e semi oleosi, cotoni, droghe, frutti secchi, fichi, uva sultatina, rossa, nera, passolina di Sicilia, lana e pelli, metalli e minerali, fra cui “vitriolo d’Istria” e zolfo, salumi e pesci, tabacco, curcuma, seta e spugne.
Segno di un radicale cambiamento delle esigenze della popolazione, del suo arricchimento.
Facendo un salto nel tempo, ecco il quadro odierno. Utilizzando come unità di misura i dati in peso e non in valore, che però rimane una variabile essenziale, al primo posto stravincono i combustibili, gli oli minerali e i prodotti petroliferi con più di 43 milioni di tonnellate, seguiti dai macchinari e apparecchiature meccaniche e loro parti, (1 milione di tonnellate), poi ghisa, ferro e acciaio, con poco meno di un milione, “auto-motive” (veicoli e loro parti), materie plastiche e relative lavorazioni, lavorazioni metalliche.
Seguono i minerali e il legname e le sue lavorazioni, con quantitativi inferiori alle 500mila tonnellate, materiali e apparecchiature elettriche, carta, cartoni e cellulosa, mobili. Chimica, pietre e cemento, gomma e lavori in gomma seguono nell’elenco.
Più staccati cereali, semi e frutti oleosi, prodotti di chimica organica, vetro e lavori in vetro, bevande, caffé e altre spezie seguono con circa 150mila tonnellate. Sopra le 100mila ci sono ancora le fibre sintetiche.
Prodotti ceramici, saponi, indumenti e accessori, sostanze per la concia, e quindi cotoni, frutta, preparazioni a base di cereali e farine, altri tessuti, preparazioni con ortaggi e verdura e altre preparazioni alimentari sono ancora quantitativi sopra le 70.000 tonnellate. —
BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
Riproduzione riservata © Il Piccolo