Le spese per le trasferte erano legittime: assolta l'ex soprintendente Picchione
TRIESTE «L’appello è fondato, merita accoglimento». La Corte dei Conti di Roma ha dato ragione a Maria Giulia Picchione, ex soprintendente ai Beni architettonici e paesaggistici per il Friuli Venezia Giulia. La funzionaria è stata assolta e non dovrà risarcire le spese – 10.954,11 euro – per le trasferte a Udine e a Roma che la Corte dei conti del Fvg le aveva contestato.
I costi sostenuti dalla funzionaria per i propri spostamenti sono stati ritenuti legittimi. Lo hanno stabilito i magistrati della Seconda sezione giurisdizionale centrale di Appello (presidente Fulvio Maria Longavita).
Picchione aveva fatto ricorso a una sentenza depositata dalla Corte dei conti del Fvg nel maggio 2019. Il 2 marzo scorso si sono riuniti in udienza i giudici di appello che hanno esaminato gli atti alla presenza dei legali che difendono l’ex soprintendente: gli avvocati Edoardo Giardino e Salvatore Sfrecola.
La sentenza della sezione territoriale regionale, ora riformata, aveva giudicato la condotta della funzionaria «contraria alle regole dettate dalla vigente disciplina in materia di trasferta e trattamento di missione», così riportano gli atti.
Ma Picchione ha dimostrato che le trasferte e i pernottamenti a Udine erano dovuti a un notevole incremento di lavoro e a una serie di «disfunzioni» lamentate dai funzionari nel passaggio dei fascicoli dalla sede friulana a quella di Trieste. Di qui la decisione, da parte della soprintendente, di recarsi di persona nella sede distaccata di Udine almeno due o tre giorni settimanali, in modo da non far spostare ogni volta sette dipendenti. L’amministrazione si sarebbe così limitata a rimborsare il pernottamento di un unico dirigente, ossia la stessa Picchione. Un risparmio, insomma. Per quanto riguarda i viaggi a Roma, la funzionaria ha spiegato che si faceva rimborsare le spese solo quando gli spostamenti erano dovuti a esigenze di servizio. Il comportamento di Picchione, hanno evidenziato gli avvocati, è stato quindi connotato da «prudente e rigorosa osservanza dell’ordinamento». La Sezione di Appello ha dunque accolto queste considerazioni, documentate e motivate, ritenendo anche «carente» l’impianto accusatorio. —
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