Le Rive ora perdono pezzi: chiusi il Bragozzo e Dalì
Un uno-due da stendere un toro. A maggior ragione se ectoplasmatico come l’attuale mondo della ristorazione triestina. Con l’aggravante di essere maturato in quello che, a torto o a ragione, viene considerato come l’Eldorado dell’offerta enogastronomica locale, le Rive.
Nei fatti due locali, uno storico e uno comunque conosciuto, hanno chiuso i battenti nell’arco di un paio di settimane. Si tratta del “Bragozzo” di Riva Nazario Sauro e del “Dalì” di Riva Tommaso Gulli, un centinaio di metri più avanti sullo stesso lato. Entrambi, per una singolare coincidenza si affacciano su “Eataly” ma, come vedremo, lo sbarco in città del colosso di Farinetti non ha niente a che fare con le disavventure delle due location.
Iniziamo dal “Bragozzo”, sicuramente tra i due la cessazione di attività più dolorosa. Perchè quella trattoria era là quando non esisteva via Torino, la movida suonava come un termine esotico, gli chef si chiamavano ancora cuochi e si poteva presentare in tavola la cucina triestina senza dover vergognarsi per la sua apparente “povertà”. Chi si ricorda di Giorgio Nessi, delle sue paste spadellate, di un posto semplice ma amato dai vip (oddio, quei pochi che offre la casa, cioè Trieste...), di un’offerta che andava avanti quasi per inerzia ma non risultava mai banale?
Altri tempi. La gente ancora usciva la sera regolarmente e riempiva i locali, tirare la fine del mese non era un problema, si rideva e si scherzava di più. A seguire, la crisi. Il bilancio familiare controllato, i tagli dove si può, a partire dalle cosiddette spese superflue. E, in molti casi, la voce ristorazione figurava ai primi posti. Cionostante, Carmine Maiellaro ha vissuto almeno un paio di stagioni brillanti in quel locale. Ristretto e sagomato sulle sue necessità e le sue offerte: pesce fresco con qualche volo di fantasia, così come faceva fin dai tempi delle mitiche “Barettine”. Ma, adesso, non può più fare. Dice: «Abbiamo dovuto chiudere perché non posso più rimetterci per lavorare. Il 2016 è stato un anno orribile, ci ho perso parecchi soldi. Non si poteva andare avanti in questa maniera, meglio tirare giù le serrande, almeno non si volatilizzeranno degli altri soldi». Maiellaro, del resto, non rischia la disoccupazione. In pochi giorni si è già sistemato, come cuoco, nello storico “Primo” di via Santa Caterina. Ma vicino al mare un altro pezzo di storia se n’è andato.
Ha meno aneddoti da raccontare, invece, Massimo Cigotti, già cuoco e deus ex machina del “Dalì”, posto che ha vissuto delle ben strane metamorfosi. Nato come luogo di tendenza, tutto tapas e bella gente, apericene e dopoteatro, ha visto vaporizzarsi ben presto la prima gestione. La seconda, quella di Cigotti, appunto, operativo assieme a una socia, era tornata dentro territori del gusto più classici, senza rinunciare ad apprezzate innovazioni. Ma, chissà, forse l’imprinting originale gli è pesato o forse l’offerta, che pure riempiva spesso e volentieri il posto, non è stata sufficiente.
Nei fatti, a sprangare il “Dalì” non è stata una decisione comune ma una lite tra soci. «Siamo per avvocati - ammette Cigotti - perché la mia socia ha intrapreso la via dell’autofallimento ignorando il mio parere, che era contrario, vedremo come andrà a finire». Di sicuro c’è che il locale non riaprirà. Non con questa gestione, almeno. E pare si sia fatta viva una cordata che vorrebbe realizzare un ristorante etnico, serbo, che sulle Rive indubbiamente mancava. Si vedrà.
Ultimo flash su un altro ristorante al momento con le porte sbarrate. Si tratta dell’Elefante Bianco, anche se la sua storia è profondamente diversa. Basti dire che il suo referente è stato ed è tuttora Antonio De Paolo, responsabile di Eataly Trieste.
È capitato, in effetti, che il manager abbia trasferito il suo chef di riferimento, Vincenzo Vitola, proprio all’Osteria dei Venti della struttura di Farinetti. E non occorre ricordare che la fortuna o la sfortuna dei ristoranti la fanno i cuochi. Di qui la scelta di prendersi una pausa di riflessione, a serrande abbassate. L’Elefante tornerà, questo è sicuro, ma non ci stupiremmo affatto se la sua tipologia, la sua offerta dovessero cambiare in maniera anche radicale.
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