Le riforme “esaurite” a tre anni dal debutto
TRIESTE. Qualche nome era blindato da giorni: Sergio Bolzonello, Francesco Peroni, Loredana Panariti, Mariagrazia Santoro, Sara Vito. Qualche altro l’ha estratto Debora Serracchiani dal cilindro. Gianni Torrenti, per esempio, quando per la Cultura si vociferava di Piero Colussi, sorpassato in extremis da Paolo Panontin in quota Cittadini. Ma soprattutto Maria Sandra Telesca, l’assessore che si sarebbe caricata della riforma sanitaria, la più attesa e delicata, quella in fase d’attuazione su cui molto si gioca proprio adesso, mentre alla vigilia di quel 3 maggio 2013, il giorno del varo della giunta, si parlava del tecnico Silvio Brusaferro, dell’ex sindaco di Codroipo Vittorino Boem e dell’ex dg dell’Ass 1 Triestina Franco Rotelli.
Il 3 maggio, come oggi. È il compleanno del governo regionale. Alla squadra iniziale è stato aggiunto Cristiano Shaurli, una volta preso atto dell’opportunità di sgravare il vicepresidente Bolzonello, il più carico di deleghe. Prima in nove, poi in dieci. Con Serracchiani al timone, via via più decisa. A guardare l’intervento in aula del 21 maggio (YouTube, 124 visualizzazioni, poca cosa rispetto alle quasi 170mila del famoso discorso del marzo 2009 all’assemblea dei circoli dem), si osserva una presidente emozionata, che inciampa in qualche passaggio, con la voce a volte tremante. Anche un po’ di stanchezza dopo 48 minuti di lettura, con la citazione finale delle parole pronunciate da Aldo Moro, pochi giorni prima di essere rapito: «Oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità. Si tratta di essere coraggiosi e fiduciosi al tempo stesso. Si tratta di vivere il tempo che ci è dato vivere con tutte le sue difficoltà».
A quelle difficoltà, compreso il clima post-rimborsopoli e qualche ostacolo sul cammino (il più fastidioso quello provocato dall’inchiesta su Torrenti, poi prosciolto, per fatti precedenti alla legislatura), la giunta Serracchiani ha risposto concretizzando larga parte delle dichiarazioni programmatiche approvate il 29 maggio. Un’agenda, fu la premessa, pensata «per dare un futuro al Fvg che deve imboccare con decisione la strada del cambiamento». Auspicata «una nuova e più trasparente dialettica tra maggioranza e opposizione», Serracchiani anticipò innanzitutto l’azione di contenimento dei costi della politica messa in atto già nell’agosto di quell’anno con la legge 10/2013 che ha ridotto l’indennità di presenza dei consiglieri, asciugato drasticamente i finanziamenti ai gruppi e abrogato il vitalizio. Tra gli interventi di ulteriore razionalizzazione, le dichiarazioni di tre anni fa hanno trovato conferma pure nell’abolizione del fondo riservato della presidenza, nello sfoltimento delle partecipate e dei loro cda, nel riassetto della macchina regionale, che si è adeguata al riparto delle deleghe e, da inizio 2014, ha visto ripristinato il direttore generale con la chiamata di Roberto Finardi.
Sempre a inizio 2014, con Matteo Renzi premier, è diventato più facile rispettare un altro impegno, la ricerca della massima collaborazione con Roma e, nel concreto, della revisione del patto Tondo-Tremonti, trasformato nel Serracchiani-Padoan, il protocollo che ha ridotto di 350 milioni la quota che il Fvg è stato chiamato a riconoscere allo Stato dal 2015 al 2017. «La priorità è il lavoro», diceva ancora Serracchiani snocciolando le misure poi messe in campo per l’occupazione. Come da promesse di inizio mandato anche le due riforme più rilevanti, quella della Sanità, approvata a fine 2013 (Lr17), e quella degli enti locali (Lr 26/2014), con la previsione, già allora, «di un obbligatorio processo di aggregazione dei comuni». E ancora la governatrice puntava su infrastrutture adeguate, annunciando tra l’altro l’intera navigabilità della laguna di Grado e Marano (a dicembre 2015 l’assessore Santoro quantificava nel 50% le opere di dragaggio portate a termine) e l’abbandono di progetti considerati non più strategici come il raccordo autostradale Gemona-Cimpello-Sequals e la Palmanova-Manzano.
La terza corsia dell’A4? La neopresidente non si sbilanciava: «Terrò aggiornato il Consiglio sullo stato di avanzamento». Un capitolo complesso ma, portati a casa 150 milioni dallo Stato, Serracchiani, da presidente-commissario, dovrebbe riuscire a breve a piazzare la prima pietra tutta sua in A4, a Gonars. Anticipazioni centrate riguardarono anche un nuovo progetto per il turismo (sono già stati battezzati il piano quadriennale e PromoTurismo Fvg) e la competitività delle imprese (a inizio 2015 il Rilancimpresa di Bolzonello), mentre si è andati oltre, sempre in tema di infrastrutture, con il bando per la gestione unica del Tpl (non previsto in programma), frenato però sin qui dai ricorsi di Busitalia. Nessuna parola, tre anni fa, neanche sulle Province, ma la giunta ha poi tirato dritto nell’operazione di declassamento a enti di secondo grado. Alla voce obiettivi raggiunti pure l’impegno sulla cultura (Lr 6/14), sul piano energetico (approvato nel dicembre scorso), sul reddito di cittadinanza (Lr 15/2015), sull’abolizione del superticket da 10 euro (anche se solo per i redditi bassi), sul rilancio dell’Euroregione (due gli accordi sottoscritti con Veneto e Land austriaco).
Nell’elenco, non lungo, delle cose che ancora mancano (o su cui, forse, si è cambiato rotta) entrano invece le indicazioni su una nuova legge elettorale, sulla Carta dei rischi ambientali, sulle aggregazioni di assistenza primaria aperte ai cittadini h24. Ancora da stipulare, infine, il protocollo Stato/Regione che, parole di Serracchiani in aula, dovrebbe riconoscere la funzione internazionale del Fvg.
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