Le ricerche, il pc, gli abiti e le tre settimane di buio: tutti i dubbi sulla morte di Liliana punto per punto
![](https://images.ilpiccolo.it/view/acePublic/alias/contentid/5fb13e19-2e3d-4d66-aa60-e1587cd4ed6b/0/copia-di-copy-of-caso-resinovich-i-consulenti-della-procura-liliana-si-e-suicidata-soffocandosi-con-il-sacchetto-la-morte-risale-a-2-3-giorni-prima-del-ritrovamento_resi.webp?f=16%3A9&w=840)
TRIESTE Più dubbi che certezze. Più domande che risposte. L’archiviazione del caso Liliana è dietro l’angolo, d’altronde la relazione sull’autopsia firmata dal medico legale Fulvio Costantinides e dal radiologo Fabio Cavalli parla chiaro: un suicidio per asfissia causato dai sacchetti di nylon che avvolgevano la testa della donna. Nessun reato.
Solo che, come emerso in questi giorni, i due specialisti hanno datato il decesso a non oltre quarantott’ore dal ritrovamento del corpo. Significa che se la sessantaquattrenne Liliana Resinovich è sparita di casa il 14 dicembre ed è stata trovata senza vita il 5 gennaio nel bosco dell’ex ospedale psichiatrico – dentro ai sacchi neri –, è morta tra il 3 e il 4. Non prima. In mezzo ci sono tre settimane di punti oscuri, dubbi e incongruenze ancora privi di spiegazioni.
Le telecamere
Lilly si allontana da casa la mattina, attorno alle 8.30. Claudio Stepin, l’amico del cuore, sostiene di aver avuto una conversazione telefonica con lei poco prima: «Mi aveva detto che sarebbe arrivata in ritardo perché doveva recarsi alla Wind in via Battisti». Non ci sono prove sui contenuti di quella telefonata, l’ultima che la donna fa prima di sparire. Quel che è certo è che nel negozio Liliana non arriverà mai. Dove va? Ci sono due immagini riprese dalle telecamere: una del sistema di video sorveglianza della scuola di Polizia di via Damiano Chiesa (vicina a via Verrocchio, in cui abitava la donna) e una di un bus che stava transitando in piazzale Gioberti. Lilly attraversa la piazza, forse per dirigersi verso via San Cilino, la strada che porta anche all’ex ospedale psichiatrico. Di lei poi però non sappiamo più nulla fino alla scoperta del cadavere. Pochi giorni dopo la scomparsa, la Polizia acquisisce le immagini delle telecamere di tutte le linee dei bus. Migliaia di ore di girato. Nessuna traccia.
I ritardi nelle ricerche
È il 29 dicembre – ben due settimane dopo la scomparsa – quando i soccorritori concentrano le ricerche nel bosco che sovrasta l’abitazione in cui vivono la donna e il marito Sebastiano Visintin: da via Capofonte a via Valerio. Prima di allora, il 24 dicembre, i Vigili del fuoco e il Soccorso alpino avevano setacciato solo la zona del Boschetto-Ferdinandeo, dopo la segnalazione di una residente che affermava di aver sentito «litigare una coppia». Nessuno però cerca nei boschi dell’ex Opp. Sterpin sostiene di essere stato lui a indicare, a un certo punto, di controllare in quella zona. Perché, così dice, «Liliana talvolta andava lì a passeggio».
Telefoni e pc
Il 23 dicembre la Mobile torna nell’alloggio di via Verrocchio, dove i poliziotti erano già stati nei giorni successivi alla scomparsa. È appena in quell’occasione che vengono acquisiti i due telefoni cellulari di Liliana. Nella stessa giornata spunta una borsa della donna sistemata in un armadio, con all’interno portafogli e documenti. Il pc e il tablet verranno invece sequestrati il 29 gennaio. Gli esiti della perizia sui dispositivi tecnologici non sono noti. Ciò che si sa sull’analisi della cronologia web è che Lilly aveva cercato informazioni per divorziare e cambiare casa.
Il Dna al vicino
Sul cordino che legava i due sacchetti infilati in testa a Lilly è stata trovata una debole traccia genetica, non completa, di Dna con cromosoma “y” e dunque maschile. Una traccia che, proprio per la sua debolezza, non può avere valore probatorio.
Per non lasciare nulla di intentato, la Procura ha confrontato quella traccia con il Dna di tre persone: Visintin, Sterpin e, sorprendentemente, pure il vicino di casa che abita nel palazzo attiguo, il carabiniere in pensione Salvatore Nasti. Perché anche lui?
I dubbi dell’autopsia
Gli specialisti non rilevano un processo putrefattivo sul corpo. La morte può essere sopravvenuta quindi al massimo entro 48 ore dal ritrovamento. Elementi, questi, che «ben ragionevolmente portano a escludere che il decesso potesse farsi risalire al 14 dicembre». E ciò, precisa la relazione, «è in contrasto con altri elementi»: gli abiti puliti della scomparsa, la pelle depilata (ascelle, gambe, pube) e la presenza di cibi nello stomaco e nel duodeno. In quelle tre settimane, insomma, Lilly ha avuto la cura di depilarsi e mantenersi in ordine. Qualcuno l’ha nascosta da qualche parte?
I calzini e l’orologio
Quando viene trovata morta nei sacchi, Lilly indossa abiti in ordine e puliti: giubbotto, felpa, canottiera, reggiseno, slip, pantaloni, scarpe, ma non le calze. La pianta dei piedi in effetti risulta «imbrattata di materiale brunastro». Gli specialisti ipotizzano che si tratti del colore rilasciato dalle scarpe. Ecco poi l’orologio analogico, fermo alle 9.17 (o 21.17?). Un orario curioso, se si considerano le 9.17, posto che la donna si era allontanata alle 8.30. Ci sono perizie su quell’orologio? Ha preso un colpo?
Temperature e congelamento
Scorrendo i dati meteo dei giorni che separano la scomparsa di Liliana dal ritrovamento del cadavere, la temperatura oscillava tra gli 8 e gli 11 gradi, ben al di sopra della media stagionale. Ci sono stati 8 giorni anche di pioggia. Gli stessi periti della Procura scrivono che il 5 gennaio scorso, nel momento del ritrovamento del cadavere, «si era subito osservato, alla presenza del pm e della Scientifica», che «le condizioni di conservazione non apparivano compatibili con la permanenza di un cadavere in ambiente esterno per 3 settimane».
È giungendo a queste conclusioni che nella relazione si fa riferimento alla «remota ipotesi che il decesso potesse farsi risalire al 14 dicembre 2021, stesso giorno della scomparsa della signora Resinovich, ma in luogo ignoto e diverso, con cadavere conservato poi teoricamente congelato». Ma non ci sono elementi specifici per dimostrarlo a livello cellulare.
Le emorragie e la tumefazione
L’autopsia non rileva traumi o ferite mortali. Però per la prima volta si fa riferimento a del sangue: oltre alla palpebra destra «apparentemente tumefatta», vengono individuate tracce ematiche alla narice destra e alla lingua. E alla testa: «Scollati i tessuti molli si nota infiltrazione emorragica a livello di muscolo temporale sinistro e la presenza di piccole petecchie emorragiche».
La relazione non spiega se sono tracce di un decorso fisiologico post mortem o di una possibile colluttazione.
Riproduzione riservata © Il Piccolo