Le prove di dialogo tra Serbia e Kosovo falliscono di nuovo, sconforto della Ue

Le distanze tra i vertici dei due Paesi restano siderali. L’inviato speciale dell’Europa: «Un flop, ma ci riproveremo»

Stefano Giantin
Un uomo con una bandiera albanese rende omaggio ai kosovari uccisi dalle forze serbe in un cimitero di Racak (foto d'archivio)
Un uomo con una bandiera albanese rende omaggio ai kosovari uccisi dalle forze serbe in un cimitero di Racak (foto d'archivio)

BELGRADO Belgrado e Pristina si rivedono a Bruxelles per continuare il dialogo facilitato dalla Ue. Ma ancora una volta l’incontro è nel segno della conflittualità, i risultati non arrivano. È un flop il secondo vertice tra il presidente serbo Aleksandar Vucic e il premier kosovaro Albin Kurti, ospitati dalla Ue nel cuore delle istituzioni europee. Vertice andato male, «l’unico esito che posso annunciare oggi è che il dialogo continua», ha ammesso sconsolato persino l’Inviato speciale Ue per il dialogo, Miroslav Lajcak.

Ammissione che si fonda sulle posizioni distanti che Serbia e Kosovo continuano testardamente a difendere. Quella di Pristina è sintetizzata da una sorta di «dichiarazione di pace» in sei punti «che è stata respinta senza essere letta», ha spiegato Kurti dopo il meeting con Vucic. Dichiarazione, resa pubblica dallo stesso Kurti su Facebook, che contiene sei articoli sul «rispetto dei confini» tra Serbia e Kosovo, tutela dei diritti umani e delle minoranze, risoluzione pacifica delle dispute, sostegno reciproco all’integrazione europea delle due capitali. Il “pacchetto” kosovaro rimane però inaccettabile per Belgrado, perché basato in particolare sull’obbligo di riconoscimento del Kosovo. «La Serbia deve riconoscere il Kosovo, il Kosovo la Serbia e tutto il resto è facile e risolvibile», ha affermato il primo ministro kosovaro Kurti. Ma la Serbia, ha aggiunto Kurti, «non vuole ammettere il suo passato criminale, né accettare l’indipendenza del Kosovo».

Completamente dissonante la campana serba. «È andata anche peggio della prima riunione», ha spiegato Vucic. Il problema, secondo Belgrado, è che Pristina si muove in maniera «irrazionale». «Sono preoccupato – ha aggiunto Vucic – non so cosa faremo. Vedono sé stessi solo come vittime e i serbi solo come criminali», ha aggiunto, nella consapevolezza che le due parti non «sono riuscite a mettersi d’accordo su alcunché». Non c’è alcun progresso, per colpa dell’ostracismo di Pristina, neanche su questioni relativamente secondarie, come sulla cosiddetta Associazione delle municipalità serbe, una forma di parziale autogoverno per i serbi del Kosovo, come anche sulla ricerca dei “desaparecidos” risalenti al periodo della guerra, circa 1.600 persone, in gran parte albanesi. Rimane sulla carta anche il riconoscimento reciproco dei diplomi universitari, questa volta per problemi sul fronte serbo. Con queste premesse, l’ipotesi di un accordo finale di pace, magari entro l’anno, è sempre più una chimera.
 

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