Le poesie di Cappello incantano Grado

Successo di pubblico per lo spettacolo nella basilica che ha visto protagonista l’autore friulano

Pierluigi Cappello ha raccontato tutto durante le prove, fatte a casa sua in Friuli, agli attori Maia Monzani e Mario Milosa e in particolare alcune selezioni dei brani che poi sono stati interpretati l’altra sera nella basilica patriarcale di Sant’Eufemia.

Nel corso di quell’incontro in terra friulana sono emersi anche i ricordi gradesi del grande poeta. Tutti registrati in video, e poi in parte proiettati sempre l’altra durante lo spettacolo di “Musica a quattro stelle”, svoltosi come detto nella basilica.

“Grado è sempre stata un sogno” è stata la frase che ha colpito maggiormente, anche il direttore artistico della rassegna, il maestro Giorgio Tortora. Ma fra i tanti ricordi di Cappello un po’ di spazio l’ha avuto anche il trampolino che non c’è più.

La serata è vissuta tra la recitazione, e in parte la vera e propria interpretazione, di diverse poesie. Molto significativa, anche in friulano, quella di “Inniò”, che vuol dire in nessun luogo, da nessuna parte, e che per le vicende che racconta ha suscitato particolari emozioni anche in Maia Monzani, che l’ha declamata sia in friulano e sia in italiano.

Questa e le altre poesie come “I vostri nomi”, “Ombre” e “Parole povere” sono state tratte da “Azzurro elementare” mentre le prose, semplici ma efficaci, facevano parte del volume “Questa libertà” (Rizzoli). “Ci sono parole senza corpo e parole con il corpo. Libertà è una parola senza corpo. Come anima. Come amore”, scrive il poeta.

A seguito di un incidente stradale Pierluigi Cappello è costretto oggi su una sedia a rotelle, dopo lunghe degenze. «Mentre ero in ospedale, tanti anni fa, con lo sguardo ostruito dalle sponde di un letto, il dolore stava accucciato in attesa di un nuovo sforzo, pronto ad aggredire. E tuttavia, col tempo, il letto si è trasformato in un tappeto volante, un luogo in cui per un po’ ci si sottrae al mormorio del quotidiano e si vedono le cose da lontano e dall'alto. Da lassù gli anni scorrono via dalle nostre vene, si concede una tregua al corpo e il pensiero si libera del superfluo che ingombra la giornata».

Passaggi, questi che hanno colpito il numeroso pubblico, che non si è mosso fino alla fine, scatenandosi poi in un lungo applauso, diretto anche alla pianista Maria Rosa Pozzi e al violoncellista Antonio Galligioni, che hanno inframezzato le letture. Tra queste ha spiccato quella sulla Prima guerra mondiale. Da ragazzo Pierluigi Cappello aveva letto “Addio alle armi” di Hemingway. Era stato colpito vedendo sfilare vicino a casa sua gli alpini, che erano di poco più vecchi di lui, come i soldati che quasi cent’anni fa hanno combattuto a Caporetto. (an.bo.)

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