Le Moby Ducks come il “revoco” di Gaddi
Nico Gaddi, fotografo e artista gradese, ha mai raccolto una delle Moby Ducks? No, non lo so, che cosa sono? Già, cosa sono le Moby Ducks? Sono circa 30mila paperette di plastica, dal colore giallo e dal becco arancione con dipinto sul musetto un bel paio di occhiali. Dal vent’anni sono i naufraghi più inseguiti e studiati di tutti gli oceani. Gennaio 1992, in mezzo al Pacifico si scatena una tempesta senza precedenti. Il cargo Ever Laurel salpato da Hong Kong e diretto a Tacoma, negli Stati Uniti, rischia di colare a picco ma perde il carico.
Uno dei container è pieno di paperette e di altre bestioline di plastica, galleggianti. Quelle che si mettono nella vasca per tenere a mollo i bimbi timorosi dell’acqua. Inaffondabili, da allora le Moby Ducks se ne vanno in giro per tutti i mari sospinti da correnti e venti. A centinaia gli studiosi le stanno seguendo per capire i segreti del mare. Non solo.Le Moby Ducks sono un oggetto cult senza precedenti. Recentemente ne è stata trovata spiaggiata una: per averla un collezionista ha sborsato 700 sterline. E ora arriviamo a Nico Gaddi, che del revoco ha fatto la materia prima della sua arte. Il revoco è un arcaico e intraducibile sostantivo gradese che significa, più o meno, l’immondizia del mare che le onde depositano sulla battigia.
L’arte del revoco è un bel cataologo di una bella mostra di Gaddi, il quale ogni giorno, in compagnia del suo cane, batte palmo a palmo il litorale gradese. In effetti è improbabile che una paperella raggiunga il più nordico punto del Mediterraneo. Dovrebbe infilarsi a Gibilterra, attraversare indenne il fin troppo trafficato Mediterraneo e risalire l’Adriatico. Nemmeno il capitano Nacinovich delle marine austriache celebrato dalle Maldobrie riuscirebbe tanto.
Però... Però anche senza paperelle Nico Gaddi trasforma i rifiuti in arte sopraffina. Delicate sculture dalle pietre di pomice che galleggiando spiaggiano in laguna dopo essere fuggite da una cava istriana; oppure crocifissi e figure simbologiche ricavate da travi bruciacchiate cadute da chissà quali bastimenti. «Sono loro. i rifiuti del mare, che mi suggeriscono l’opera d’arte. Io ci metto solo l’anima per sentirli», spiega poeticamente Gaddi. La cui bravura è evidente in Nives, la statua del vento che campeggia sulla diga di Grado. «L’altro giorno in laguna ho raccolto in un sacco un’infinità di ossi di seppia. Tutti avevano una scalfitura in un punto preciso. È la prova che i gabbiani hanno fatto strage di seppie. Ora con quelle ossa bianche ne ricaverò sicuro qualcosa». Da restare a bocca aperta a osservare l’arte del revoco di Gaddi. «Il mare restituisce sempre quello che non vuole. E le cose più brutte le cela negli abissi per sempre», chiosa il simpatico Nico.
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