«Le lumachine del Lisert? Si difendono dalla siccità»

TRIESTE «Non esiste alcun genere di pericolo e non c’è niente di strano o di misterioso. È solo una forma di sopravvivenza estrema per evitare di morire».
Rassicurano così gli esperti del Museo delle scienze naturali di Trieste all’indomani della singolare scoperta dell’invasione di migliaia di lumachine bianche nel tratto finale di via Timavo, dopo l’edificio delle Terme romane di Monfalcone, in prossimità del canale Locovaz in un’area che circonda la stazione del metanodotto della Snam.
Un episodio che ha portato sul posto diversi curiosi per osservare la prima volta questo singolare fenomeno di tipo stagionale, che viene attribuito a questo periodo abbastanza secco, ancora caldo e con poca pioggia.
Un mistero dunque, che sembra parzialmente risolto. Anche se è un po’difficile arrivare esattamente alla specie in quanto ci sono gruppi complicati bisognerebbe effettuare l’esame del dna, secondo gli esperti le chioccioline fanno parte del genere denominato cernuella, cioè molluschi gasteropodi invertebrati che appartengono alla famiglia degli igropodi le quali hanno questo tipo di comportamento.
Inoltre sono legati specie alle zone umide dove ora sono state scoperte. L’entomologo del Museo delle scienze naturali dottor Andrea Colla, fuga ogni preoccupazione.
«Diciamo subito che non bisogna creare allarmismi ingiustificati. Vorrei specificare – afferma Colla – che le chioccioline, a grandi linee, è normale che facciano questi tipi assembramenti nelle zone mediterranee, vicino al mare, canali ma anche nelle zone più secche come ad esempio nel deserto nord africano. E lo fanno per vari motivi. Non dimentichiamo – aggiunge l’esperto – che le chiocciole si muovono quando c’è il bagnato. Quando è molto asciutto cercano modi per sopravvivere alle condizioni avverse del periodo in cui si trovano e si chiudono per difendersi nella loro conchiglia. Questo comportamento si protrae anche a lungo in attesa delle varie piogge».
Alcune chioccioline, dunque, fanno degli assembramenti per resistere a periodi di condizioni disagevole. “In zone palustre dove si allagano – dice l’esperto – si portano al di sopra del livello della piena. Molte altre sulla terraferma si pongono in cima alle piante per avere un po’ più di fresco, ventilato sulla sommità di uno stecco o pianta. Quindi è abbastanza normale che in agosto o in questo periodo eccezionale di caldo di settembre, si formino questi assembramenti a un metro, un metro e mezzo su steccati o recinti».
Il manto bianco è ancora visibile sul vialetto adiacente alla vegetazione che ai lati propone una ventina di piante di oleandri di diversi colori e di bacche rosse. Foglie e fiori oramai è difficile vederli perché coperti completamente.
«Non è detto – continua l’entomologo Colla – che siano legate alla pianta di oleandro o ad altri tipo di vegetazione. Non la stanno attaccando ma sono li sono ferme, appiccicate l’una all’altra quasi per proteggersi a vicenda».
—
Riproduzione riservata © Il Piccolo