Le Iene fanno “strage” di politici Fvg

TRIESTE. A scuola avrebbe potuto giustificarsi. All’università ci sarebbe stato un altro appello. In politica, se le domande le fanno le Iene, puoi dire di non conoscerle. Sandra Savino si difende proprio così: «Mai viste, non guardo la tv». Non l’unica, la parlamentare di Fi, a incrociare il ritmo serrato del programma di Italia 1. È successo una settimana fa, sulla Ferriera, pure a Debora Serracchiani e Roberto Cosolini.
Ma il tonfo dell’altra sera è eclatante. Sabrina Nobile, giacca e cravatta slacciata, bianco e nero, come nell’omonimo film di Tarantino, incalza con sottotitolo “Stanno votando la riforma costituzionale”. E chiede a Savino: «Quanti diventeranno i senatori?». Risposta: «Non ho idea». Seconda domanda: «Adesso quanti sono?». Risposta: «Trecento e tanto (non sicurissima)». Terza domanda: «Quando fu fatta la nostra Costituzione?». Risposta: «Non so (sempre meno sicura)». Nobile ci riprova: «Intendo come anno, si ricorda quando fu scritta?». Risposta: «No, no (sicurissima)». Insomma, amnesia.
Savino fa sapere che era appena uscita dalla commissione, stava andando a prendere un atto a casa, la tv non la guarda, le Iene non le conosce, figurarsi Sabrina Nobile, le ha fatto pure pena: «Pensavo fosse di Tele Condominio, di quelle che prendono 10 euro a intervista. Certo, era graziosa».
Quarta domanda: «Si ricorda quando fu fatto il referendum Monarchia-Repubblica?». Risposta: «Non me lo ricordo». Ma stavolta c’è un perché: «Io sono di Trieste. E non abbiamo votato». Nobile, non si accontenta (che Iena sarebbe?): «Almeno il giorno, sa che si festeggia?». Risposta: «Noi non festeggiamo perché siamo di un’altra razza».
Un’intervista che non passerà alla storia. Non per Savino. «Sono stata un po’ superficiale», ammette. «Ho risposto, alla francese, un po’ scazzonata», prova a spiegare. «Tutti i triestini sanno quanto amo Trieste», sottolinea. «Chi fa politica non dovrebbe cadere nelle trappole, ma rivendico la storia della città. Quando le ho detto che non abbiamo votato per quel referendum, non sapeva di cosa parlasse», contrattacca. «Abbiamo lottato per diventare Italia», rilancia con orgoglio. «I confini li ha stabiliti il trattato di Osimo nel 1975», non dimentica. Peccato che le domande fossero su un altro tema. «I 100 senatori della nuova riforma? Il Senato era nel marasma, poteva anche cambiare qualcosa».
Un marasma che confonde, davanti al microfono, anche Renata Bueno (Misto), infastidita, Maria Marzana (M5S), insufficiente sui padri costituenti, Nicola Trapani (Fi), non ne azzecca una su senatori e referendum, Vincenzo Piso (Ncd), non dà soddisfazione, Andrea Vecchio (Sc), insulti alle tv di Berlusconi, Marco Bergonzi (Pd), lacune diffuse sulla Costituzione, Lino Nessa (Fi), quasi gli riesce di ricordare che i senatori sono 315, ma sulla Carta zoppica proprio: «La gente è stanca di queste notizie a metà». Gabriella Mondello (Udc) non lo aiuta: «La Costituzione? 1946».
Iene indigeste anche per Debora Serracchiani, alle prese con Nadia Toffa (più Iena della collega), che insiste, sollecita, non molla sui fumi a Servola e la presidente che risponde a qualche domanda ma poi decide che può bastare (mentre i supporter, a Toffa: «Vada via di qua», non manca qualche spintone). Pure Cosolini si sottopone all’interrogatorio (due volte in un anno), battibecca, dopo un po’ si stufa.
In stile Savino, invece, i video che, sulle regole del voto per il Quirinale, rendono eterne le performance di Serena Pellegrino (Sel): «Il primo presidente della Repubblica? Non me lo chieda, è una di quelle cose insopportabili». E Laura Fasiolo (Pd): «Credo che la Costituzione sia tanto larga da poter prevedere un presidente della Repubblica straniero». Nel marzo 2013 i grillini Prodani, Battista, Rizzetto, davanti a Enrico Lucci, fecero meglio: sette minuti divertenti nel bed and breakfast scelto come primo rifugio romano.
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