Le gemelle cinesi con il dna cambiato
TRIESTE Furono chiamate Lulu e Nana – nomignoli di invenzione, nessuno di fatto le ha viste – le due bambine gemelle modificate geneticamente in Cina alla fine dello scorso anno. Jiankui He, biologo dell’Univeristà di Shenzhen, aveva modificato i loro embrioni, ottenuti grazie alla fecondazione in provetta, con la tecnica Crispr di editing genetico preciso. Aveva eliminato un gene, quello che codifica per il recettore Ccr5, dal Dna delle due gemelline, in modo che queste, figlie di genitori positivi a Hiv, non venissero infettate.
La notizia aveva fatto il giro del mondo e aveva raccolto un coro univoco di condanna: quella di Crispr è una tecnologia troppo immatura per essere applicata all’uomo, non è controllabile e comunque non è accettabile modificare il genoma umano senza una seria riflessione etica. He fu sospeso dall’Università cinese e messo alla berlina. Di Lulu e Nana non si è saputo più niente. Il caso peraltro è tornato alla ribalta questa settimana perché un biologo russo, Denis Rebrikov, ha dichiarato di voler riprendere la medesima tecnica nella più grande clinica russa della fertilità a Mosca. I più pensano si tratti di una millanteria, ma l’annuncio, fatto a Nature, ha rimesso in agitazione la comunità scientifica. Staremo a vedere.
Ma la novità più interessante è che Lula e Nana potrebbero avere una vita più breve del normale. Analizzando i registri della UK Biobank, che contiene l’informazione su 409,693 individui, due epidemiologi hanno pubblicato su Nature Medicine che la delezione di Ccr5 causa mortalità precoce. Questo gene era venuto alla ribalta a metà degli anni ’90 studiando le coorti di uomini gay di New York, che al tempo erano state decimate dal dilagare di Hiv, mentre gli individui con la delezione di Ccr5 risultavano invece immuni. Nel 2007, a Berlino un paziente con Hiv era stato trapiantato con il midollo di un individuo senza Ccr5 e il virus era sparito. Stesso risultato a Londra lo scorso anno. Da qui l’idea di inattivare Ccr5 con Crispr per bloccare la trasmissione del virus nelle due gemelline cinesi. Ma evidentemente c’è un costo nascosto nel non avere questo gene: nello studio sugli individui inglesi, la frequenza della mutazione che inattiva Ccr5 è risultata nettamente inferiore tra coloro che avevano superato i 75 anni rispetto ai quarantenni, indicando che chi non aveva Ccr5 era morto nel frattempo. Come faccia questo recettore a allungare la vita non è noto; potrebbe essere importante nel difenderci da altri virus, in particolare da quello dell’influenza.
Morale della storia: attenzione a giocare con l’ingegneria genetica modificando quello che l’evoluzione naturale ha così saggiamente plasmato in milioni di anni. —
BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
Riproduzione riservata © Il Piccolo