Le diagnosi del Burlo arrivano per WhatsApp

All'ospedale infantile di Trieste i nuovi strumenti di comunicazione per offrire una prima consulenza ai pazienti

WhatsApp ha sparigliato le carte della consulenza medica. Un'indagine del 2016 firmata dall'Osservatorio innovazione digitale in sanità (della School of Management del Politecnico di Milano) assieme a Fimmg e Doxapharma, riferisce che il 53% dei medici di medicina generale usa WhatsApp come strumento rapido per scambiare informazioni e offrire una prima consulenza.

Anche l'ospedale infantile Burlo Garofolo di Trieste, da qualche anno, sfrutta le opportunità offerte dalla rete e dai nuovi media. WhatsApp, in particolare, è impiegato nei consulti dermatologici dove l'immagine è parte essenziale della diagnosi.

«Abbiamo iniziato a usare Whatsapp da due anni per alcune diagnosi dermatologiche a distanza, specie nei casi in cui è possibile evitare alle famiglie - almeno in prima battuta - il viaggio fino a Trieste», spiega Irene Berti, responsabile dell'unità operativa semplice di allergologia e dermatologia pediatrica del Burlo. «La dermatologia si adatta meglio di altre all'uso dei nuovi media, perché spesso la diagnosi è quasi esclusivamente visiva, basata sull'analisi della morfologia e della distribuzione della lesione. E WhatsApp permette di dare una risposta immediata».

 

WhatsApp, arrivano le videochiamate: saranno criptate

 

I consulti sono richiesti soprattutto da pediatri, sia in Italia che all'estero. Alcuni di essi sono specializzandi che, nell'ambito della loro formazione al Burlo, svolgono un tirocinio in paesi africani come l'Angola, con cui l'ospedale triestino ha rapporti di collaborazione e formazione. Tra coloro che gravitano attorno all'ospedale pediatrico creando una rete internazionale di contatti ci sono anche organizzazioni non governative e associazioni benefiche come la Fondazione Luchetta. È recente il consulto relativo a un bambino iracheno affetto da una malattia genetica della pelle, giunto a Trieste tramite la Fondazione dopo una prima valutazione a distanza che ha consentito di predisporre in anticipo un ventaglio di interventi adatti al suo caso.

Certo il fatto che i genitori fotografino a più riprese una lesione consente di apprezzarne l'evoluzione nel tempo anche a distanza. Tuttavia, osserva Berti, l'uso di WhatsApp non è privo di rischi: «A volte le foto non sono di qualità sufficiente o le informazioni allegate sono frammentarie. E nel caso di nevi e sospetti melanomi è sempre opportuna l'ossevazione diretta».

WhatsApp, inoltre, aggiunge un carico di lavoro extra agli specialisti, in termini di tempo, interferenza con l'attività, presa di responsabilità. Tuttavia, come ha rilevato Ugo Pennacchioni, laureatosi al Burlo, nella sua tesi su WhatsApp: «...in un centro di riferimento di terzo livello come il Burlo, circa l'80% delle consulenze richieste per via telematica può concludersi con un messaggio definitivo (sia diagnostico che prescrittivo) senza una visita diretta e con sicurezza per il paziente, sulla base del follow up eseguito nello studio».

«WhatsApp ha di fatto rivoluzionato la consulenza dermatologica», conferma Alessandro Ventura, direttore della Clinica pediatrica del Burlo. «Ma rifiutare a priori questo strumento per timore di essere superficiali e di sbagliare o, viceversa, usarlo sempre per comodità sarebbero entrambi errori. Bisogna professionalizzarne l'uso, al pari di ogni altro strumento che il medico ha a disposizione, per riuscire a trarne i maggiori benefici a servizio dell'utenza».

Riproduzione riservata © Il Piccolo