Le culle vuote da Zagabria all’Est continua a salire l’allarme denatalità

Il decremento delle nascite colpisce tutti i Paesi dell’area Serbia in calo dal 1992, in Bulgaria le cifre più basse dal ’45
Uno scorcio di Zagabria
Uno scorcio di Zagabria

BELGRADO Culle sempre più vuote, primati negativi che vengono superati anno dopo anno da record ancora peggiori. Quella che in Serbia viene chiamata “bela kuga”, la “peste bianca” che colpisce case e famiglie senza figli, è sempre più un fenomeno endemico. Non solo a Belgrado, ma in quasi tutti i Balcani e nell’Europa orientale.

Lo hanno confermato in questi giorni statistiche rese pubbliche in varie capitali dell’area. La più recente è quella dell’Istituto per la salute pubblica della Croazia (Hzjz), fra i Paesi più afflitti dalla crisi demografica. In un nuovo rapporto Hzjz ha parlato di «numero di nascite più basse del secolo», hanno annunciato con allarme i media di Zagabria. Allarme comprensibile, dato che in Croazia hanno visto la luce l’anno scorso soltanto 36.600 neonati, quasi mille in meno rispetto al 2016.

Ma la Croazia - magra consolazione - è in buona compagnia. In Serbia lo scorso anno è stato di nuovo record negativo di fiocchi rosa e azzurri: solo 64.894, in linea con l’anno precedente, quello con meno nascite da sempre in Serbia, con numeri più che dimezzati persino rispetto ai primi Anni Novanta, quelli di guerre, crisi e iperinflazione. Il saldo demografico è però «negativo dal 1992», precisa al Piccolo il demografo Goran Penev, mentre «il tasso di natalità» è insufficiente a “sostituire” le generazioni più anziane, un problema grave che si accompagna al «calo della fertilità e all’emigrazione», fenomeni che stanno cambiando la struttura della società, sempre più vecchia. Senza dimenticare i «record negativi del numero di nati, i più bassi degli ultimi cent’anni. Nascevano più bambini durante la Prima e Seconda guerra che oggi».

Le ragioni del fenomeno? Le condizioni «nella società non incoraggiano», con difficoltà condivise nella regione, tra cui «l’insicurezza del lavoro» e i bassi salari, che non permettono «ai giovani di diventare indipendenti» e di pianificare una famiglia, ricorda il demografo.

Cambia poco il quadro andando altrove. In Romania, è stato di recente annunciato, sono nati solo 190.000 bambini nel 2017, il 6% in meno rispetto a dodici mesi prima. Calo delle nascite che non dovrebbe rallentare, ha previsto anche l’Onu nel “World Population Prospects” che ha inserito Bucarest fra i Paesi che registreranno il maggiore calo della popolazione da qui al 2050, anno in cui in Romania vivranno poco più di 16,3 milioni di persone.

Sempre nel 2017, la Bulgaria ha rilevato il minor numero di nuovi nati dal 1945: la maggior parte delle nascite peraltro sono concentrate a Sofia, mentre le campagne si vanno spopolando. E lo stesso – si capisce osservando da nuovi dati di Eurostat – accade in Macedonia, Kosovo, Albania, Bosnia, Ungheria, Polonia: tutte nazioni dimezzate dalla “piaga bianca”. —


 

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