Le carte del pasticcio di via Morelli

A causare lo stop è il linguaggio poco chiaro usato dalla Soprintendenza nelle missive al Comune
Di Roberto Covaz

La causa del mancato completamento della demolizione dell’edificio al civico 5/b di via Morelli è da ricercare probabilmente in un linguaggio burocratico che non depone a favore dell’immediata chiarezza. La conseguenza è che ci troviamo di fronte a un rebus incomprensibile e paradossale. Lo si evince dallo scambio epistolare tra Comune e Soprintendenza alla belle arti e paesaggio del Fvg. IL 25 gennaio, a demolizione iniziata, la Soprintendenza (a firma del soprintende Corrado Azzolini e del responsabile del procedimento Marino Sain) scrive al Comune di Gorizia una lettera di dieci righe in risposta a una missiva spedita dal Comune il 22 gennaio. Nella lettera, la Soprintendenza “invita (il Comune) a sospendere con effetto immediato i lavori in corso, in attesa della situazione procedurale in atto”. Si fa riferimento a una precedente lettera che il 27 novembre 2015 la Soprintendenza ha scritto al Comune. Ed è con la lettura del documento che ci troviamo di fronte all’enigma. A un certo punto delle 39 righe si legge: “Pertanto la richiesta di demolizione dell’immobile che la proprietà (al di là delle vicissitudini che includono il fallimento ed i passaggi di proprietà) sembra aver trascurato fino allo stato di abbandono, al punto da determinare lo stato di degrado grave in cui versa l’edificio, unico rimasto dei quattro contigui esistenti in origine”. Fine. Manca un pezzo, o il pertanto è di troppo. Specifica poi la Soprintendenza: “Sembra che l’unica, inevitabile soluzione, sia quella della demolizione con ricostruzione fedele della facciata che prospetta su via Morelli”. Seguono dettagli progettuali. Ma mica spetta al Comune ricostruire? Lo sa bene la Soprintendenza di chi è l’edificio. Il Comune, dunque, interpreta la missiva del 27 novembre come l’autorizzazione a demolire. Come dargli torto? Invece no, ha sbagliato, ha capito male, secondo la Soprintendenza. Probabilmente per autorizzare una demolizione possono bastare molte meno righe di 39. Un testo in cui si cerca di ripercorrere la storia architettonica e urbanistica di questa zona di Gorizia, specificando” che quest’ultima presenza (il rudere di via Mazzini ndr) ambientale-architettonica nel centro storico della città di Gorizia risulta ancor più importante nel determinare i caratteri stilistici di un intero periodo di storia”. La Soprintendenza lamenta anche il fatto che alle spalle di via Morelli siano sorti negli anni palazzoni con troppi piani che sostanzialmente deturpano l’originale prospettiva della strada. Ricorda anche che accanto al rudere in demolizione sono stati abbattuti, negli anni scorsi, altri due edifici “gemelli” lasciando quei buchi che i goriziani ben conoscono. Forse la Soprintendenza conserva nei suoi archivi una vecchia proposta dell’architetto goriziano Max Fabiani. La ricorda a Il Piccolo l’architetto Giancarlo Marchi: «Fabiani aveva previsto oltre all’arretramento del palazzo Inps all’altezza di via Morelli, anche l’arretramento delle costruzioni sulla linea del palazzo Esso fino alla via Morelli, soluzione auspicabile e valida ancora oggi».

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