Le aziende Fvg a Vinitaly: «Friulano, trend in calo»

Manferrari: «Ci frena soprattutto l’incapacità di pensare in grande, ed è triste». Bracco: «Perdita internazionale». Colomba: «L’Ersa sbaglia, non è un aperitivo»

VERONA. Niente Violino, ancora a casa costipato, ma parecchi stranieri, con gli americani in maggioranza e un buon impatto anche i buyers di altre regioni italiane. La prima giornata del Friuli Venezia Giulia a Vinitaly, che poi doveva essere anche quella ufficiale, si limita a queste poche considerazioni, anche se a farle prendere quota hanno cercato di contribuire la presenza di Bruno Pizzul il telecronista che è da sempre sinonimo di prodotti regionali e la simpatia di Andrea Pellizzari, già delle “Iene”. ma, da lignanese “doc”, rigorosamente targato Fvg.

Le polemiche, almeno ieri, sono rimaste ai margini, vista la risicata presenza di esponenti istituzionali. L’assessore all’Agricoltura pare si farà vedere solo oggi, in un contesto abbastanza particolare: la presentazione da parte di MPS Tenimenti, società di Banca Monte dei Paschi di Siena, del “Bianco 1472”. Violino dovrebbe essere ospite del dibattito moderato da Marco Sabellico di Gambero Rosso con Silvano Stefanutti, presidente di Fondazione Villa Russiz, Mario Marzucchi, presidente di MPS Tenimenti, e Claudio Galletti, presidente di Enoteca Italiana.

Per la cronaca, e a proposito di polemiche, il “Bianco 1472”, con una gradazione di 13.5°, è un Tocai friulano in purezza (100%), imbottigliato da Villa Russiz dopo 7 mesi dalla vendemmia. Uno di quei vini, insomma, che dal dibattito ospitato nei giorni scorsi su queste colonne sembra non avere più un grande mercato.

E qualche produttore se ne fa efficace interprete. «La sensazione iniziale dell’edizione di quest’anno è stata buona - ammette Nicola Manferrari di “Borgo del Tiglio “ - in quanto consolidiamo il mercato esistente e abbiamo contatti nuovi. C’è peraltro questo handicap della regione in fase discendente, che non è più quella di una volta, che sembra alquanto diffuso. C’è gente che si stupisce della nostra qualità media ed è una cosa preoccupante, perchè dovrebbe essere un dato radicato nella conoscenza della gente, come il Friulano...».

«Il Tocai o Friulano che dir si voglia in calo di richiesta? È verissimo - ammette un’altra produttrice, Elisabetta Bracco - soprattutto a livello internazionale. Da noi resiste a livello di nicchie di mercato. Del resto decidere cosa piantare o estirpare è difficile. I margini, attualmente sono limitati e ci sono tante aziende in vendita. Nel nostro caso, stiamo per aumentare la produzione, ma non ce ne sono poi tanti così...». Ma se è crisi, allora, da cosa dipende? Manferrari ha al solito una sua personale chiave di lettura. «Sarebbe corretto il discorso dei prezzi troppo alti - sottolinea - se fossimo una zona di mezza tacca, ma dobbiamo avere l’ambizione di essere una grande zona. Solo che , non abbiamo la capacità di pensare in grande. È un po’ triste ma è così».

Ma il Tocai/Friulano è proprio avviato a una triste decadenza? Giulio Colomba, che con la sua coraggiosa denuncia alla vigilia di Vinitaly ha avviato il dibattito, non risparmia critiche neanche alla promozione scelta. «L'iniziativa dell'Ersa (ente regionale sviluppo agricoltura ndr) di proporre il Friulano quale aperitivo o vino d'entrata in diversi locali italiani (copiata parzialmente da una più ponderosa proposta di Slow Food regionale) propone un obiettivo perdente in partenza, incapace di competere con le bollicine. Il Friulano è vino da tutto pasto, duttile e questa era la nostra proposta: 30 cene in Italia e in Europa, stessa serata, Friulano a tutto pasto».

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