Le ancore e le catene della Costa Concordia acquistate a Capodistria

LUBIANA. Un pezzo della Costa Concordia tragicamente naufragata all’isola del Giglio il 13 gennaio del 2012 ritornerà ad essere “operativo” nel Porto di Capodistria. L’azienda Sirio del capoluogo del Litorale che si è aggiudicata la gara per la realizzazione di una nuova boa per l’attracco dei mercantili, guarda caso proprio quella che si è rotta qualche settimana fa provocando lo scarroccio di un traghetto greco che con il suo pontone si scarico ha abbattuto una gigantesca gru dello scalo, ha infatti acquistati per 100mila euro (l’intera opera ne vale 135mila) le catene, circa 300 metri, e le ancore della ex nave del comandante Schettino.
Con la posa in opera delle catene della Costa Concordia, del peso complessivo di 18 tonnellate per la “ristrutturazione” del nuovo ormeggio, saranno utilizzate anche le ancore del peso di 23 tonnellate. Per la nuova boa, come spiega al quotidiano di Lubiana Delo il titolare della Sirio, Tomi Brulc, saranno utilizzati in tutto 81 metri di catena ex Costa Concordia. Il rimanente servirà alla realizzazione di nuovi ormeggi allo scalo dell’industria Petrol, sempre nel Porto di Capodistria, per rendere più sicuro l’attracco delle petroliere.
Tornando alla nuova boa interessata dall’incidente della nave greca Neptune Thelisis, questa aveva una portata di 30-40 tonnellate, c’è da ricordare che la stessa è stata già “protagonista” di un altro incidente, questo nel 2014, nel Porto di Capodistria. La dinamica di questo fatto divenne anche oggetto di uno studio alla facoltà per la Marineria dell’Università del Litorale nel 2015.
In base alle risultanze il Porto di Capodistria ha fatto partire la procedura per rinnovare l’ormeggio “maledetto” e renderlo più “forte”, ma solo dell’aprile scorso l’autorità portuale ha potuto dare il mandato per la sua realizzazione, come detto, alla azienda Sirio.
Tempi lunghi, troppo lunghi, scrivono polemicamente sul Delo. Lo Stato, infatti, non dovrebbe parlare troppo di sicurezza nel Porto di Capodistria (unico porto sloveno) se poi per realizzare una boa del costo di 135mila euro bisogna attendere due anni.
Polemiche che si inseriscono in quelle relative alla dinamica dell’incidente della Neptune Thelisis alla quale sta lavorando una commissione d’inchiesta la quale però ha detto che serviranno ancora alcune settimane per ottenere la documentazione richiesta alle tre parti coinvolte, ossia Luka Koper (società che gestisce il Porto), l’armatore della nave e l’autorità portuale, la quale, peraltro si fa notare, che è già quattro anni priva di un capitano. Dal poco che è emerso, comunque, sembra che la Neptune Thelisis sotto fortunale e, forse, per un errato ancoraggio dell’ancora di dritta (sotto le raffiche del fortissimo vento l’ancora sarebbe scivolata sul fondo per poi bloccarsi in un avvallamento sette metri più profondo), avrebbe spostato tutto il peso sulla boa di prua (lo sbarco avveniva con un pontone dalla poppa della nave), che non ha retto.
L’ultima parola spetta però alla commissione d’inchiesta ma, dicono a Capodistria, essendo l’armatrice Neptune Lines uno dei principali “clienti” di Luka Koper potrebbe darsi che le due parti alla fine addivengano a un accordo per coprire il danno arrecato con l’abbattimento dell’imponente gru e alla banchina d’ormeggio. Unica nota positiva è che non c’è stato alcun ferito.
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