L’avvocato smaschera i posti auto troppo stretti
Piccolo è bello per definizione. In questo caso, però, piccolo è un po’ fuorilegge o almeno fuoricodice. Il Codice della strada, s’intende, posto che a essere piccolo - evidentemente al di sotto delle misure minime indicate proprio nel Codice della strada e nelle sue ramificazioni - risulta essere la larghezza di determinati parcheggi a pagamento in superficie, quelli di blu dipinti.
Giusto in queste ore, in effetti, i gestori privati degli stalli blu cittadini stanno ricevendo una circolare del Municipio che li sollecita a verificare le dimensioni dei singoli posti auto e a rifarli, a ridisegnarne i rettangoli se venisse fuori che non rispondono agli standard di legge.
La scoperta dell’acqua calda - di un qualcosa sotto gli occhi di tutti ma talmente sotto da finirci per passare inosservato da tempo immemore, almeno tredici anni e mezzo, financo al Comune e allo stesso gestore, a quanto pare - si deve a un professionista: l’avvocato Fulvio Vida. Uno che, per mestiere, bazzica dalle parti del Tribunale la cui zona posteggi esterna al park sotterraneo di Foro Ulpiano, attualmente in concessione a Saba Italia, si ritrova così a essere l’epicentro di questo strano caso di posti auto improvvisamente da ricontrollare perché presunti “curti”.
È stato appunto l’avvocato Vida a segnalare al Municipio - allo staff del Mobility manager, l’ingegner Silvia Fonzari, che fa capo all’assessore al Traffico Elena Marchigiani - una serie di misure inferiori a quelle del Codice, localizzate in particolare in via Giustiniano, tra piazza Oberdan, via Cicerone, la scuola Dante e gli uffici dietro il Consiglio regionale.
Con il metro da artigiano in una mano e il Codice della strada nell’altra - e con un assistente d’eccezione, un amico magistrato in pensione, come ha puntualizzato in una lettera all’amministrazione Cosolini - l’avvocato Vida sostiene così di aver rilevato per quegli stalli blu, da una parte e dall’altra, una larghezza non infrequente di poco superiore ai due metri (in un caso anche inferiore), e precisamente sui 204 centimetri.
Il Codice però, per tutti i parcheggi a pagamento cittadini non paralleli alla direzione di marcia, quindi quelli a pettine altrimenti detti a spina di pesce, di qualsiasi angolazione si tratti, prevede una larghezza minima di due metri e trenta, 26 centimetri in più. La non banalità del posteggiare la macchina da quelle parti, magari un Suv, non è solo pura suggestione, insomma.
Questa “autoperizia” non ha lasciato indifferente il Comune, se è vero che non più tardi di lunedì è partita la circolare che parla della necessità di una verifica. Mittente: il Servizio edilizia privata, edilizia residenziale pubblica, mobilità e traffico, con tanto di firma del direttore, l’architetto Ave Furlan.
«Con riferimento alla nota pervenuta alla scrivente dall’avvocato Vida che segnala la ridotta larghezza degli stalli blu nei parcheggi a pagamento con disposizione a pettine - così si legge in tale missiva - si invitano i gestori in indirizzo a verificare l’esatto dimensionamento sulle aree in concessione in modo tale che, se venissero riscontrate delle dimensioni non conformi al Decreto ministeriale del 5 novembre 2011, gli stalli di sosta vengano ricondotti alle dimensioni regolamentari».
I destinatari sono tre: Saba Italia e Park San Giusto, i due gestori privati di parcheggi blu su asfalto comunale, più Trieste terminal passeggeri, che si occupa degli spazi demaniali marittimi. Nella lista non c’è Esatto, la partecipata comunale che gestisce per conto del Municipio gli stalli di diretta proprietà comunale. «I nostri parcheggi - osserva a voce l’assessore Marchigiani - sono a norma. Il problema, se sussiste, riguarda quelli in concessione ai privati. Ringraziamo l’avvocato per la segnalazione, la lettera ai gestori servirà al caso a sanare situazioni diverse».
«Francamente - rileva il responsabile territoriale di Saba Italia, Giulio Torres - non abbiamo riscontrato né sinistri né lamentele intorno a Foro Ulpiano. E non abbiamo mai modificato le righe di quegli stalli, che sono rimasti tali e quali a come ci erano stati dati dal Comune in base a un diritto di convenzione (per il park interrato, ndr) da noi esercitato ancora nel 1998». 1998, dunque: tre anni prima del Decreto ministeriale evocato dal Comune nella lettera, legato al Codice della strada e recante le “Norme funzionali e geometriche per la costruzione, il controllo e il collaudo delle strade, dei relativi impianti e servizi”. Decreto che però, per onor di cronaca, all’articolo 1 riconosce come interlocutori non i privati ma Anas, concessionarie di autostrade, regioni, province e comuni.
La conclusione è che lì ad essere “curto” non è un ponte ma un posto auto, o meglio più d’uno. Ed è così nonostante siano passati 13 anni e mezzo dalla legge - varata in primissima epoca Dipiazza - che imponeva il rispetto di certe misure.
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