Lavoro sì, ma con i voucher: 5 storie di ordinaria precarietà a Trieste
La fotografia dei dati Istat, Inps, Inail e del Ministero del Lavoro mostra come non si fermi la corsa dei voucher. Scrive Repubblica che nei primi nove mesi del 2016 ne sono stati venduti 109,5 milioni, quasi il 35% in più dell'anno prima. A questo dato si deve aggiungere il recente aggiornamento dell'Inps che segnala un nuovo record: 121,5 milioni di ticket, da gennaio a ottobre, un terzo in più del 2015. La Cgil ha proposto un referendum per abolirli, e c'è una pagina Facebook, Storie di Voucher, nata da meno di un mese, che vuole costruire un'inchiesta collettiva sul fenomeno.
Abbiamo parlato con Gianni Bertossi, segretario Nidil Cgil locale, che ci ha messo in contatto con alcuni dei lavoratori facendi parte del "popolo dei voucher" a Trieste e dintorni. Un sottobosco di precarietà di anno in anno più giovane (nel 2008 l’età media era 60 anni, oggi è di meno di 36).
Ecco alcune delle loro, significative testimonianze.
Giorgia, lo sfruttamento al negozio d'antiquariato. 24 anni, attualmente è impiegata all’Ipercoop di Montedoro: "Da marzo a luglio 2016, quando ero ancora studentessa, ho lavorato in un negozio d'antiquariato di Trieste a 500€ al mese. Di questi 400€ erano somministrati tramite voucher e 100€ invece in nero. Ho fatto praticamente un part-time ma senza mai avere un contratto o una carta firmata. All’inizio il titolare borbottava di prendermi e assumermi; poi ha cambiato idea e mi ha prospettato l'ipotesi di assumermi tramite Garanzia Giovani; poi ha detto che avremmo fatto tutto in nero, senza più i voucher perché dopo un po' finiscono, e l'ultima cosa che mi ha proposto è stata: pagarmi in percentuale, ovvero il 20% degli incassi. Facevo la commessa ma non facevo quasi mai fatture. Niente scontrini. Ho pensato di andare alla Guardia di Finanza ma poi ho lasciato perdere"
Doppio boccone amaro per Giovanni (nome fittizio) 23 anni, studente di Giurisprudenza a Udine ma originario di Trieste - "La mia esperienza con i voucher è stata duplice. La prima? In prova in un ristorante abbastanza noto del centro città: mi hanno preso per vedere come andavo come cameriere ma mi hanno pagato una volta sola e non mi hanno più richiamato. C'era parecchia fila per fare le prove: tutta una scusa, secondo me, per avere un giro di ragazzi che lavoravano lì saltuariamente. La seconda esperienza è stata un rapporto di tirocinio di Garanzia GIovani in una ditta del settore costruzioni, che fattura peraltro oltre un milione di euro l'anno. In pratica ho lavorato come segretario, quindi una mansione impiegatizia, ma in attesa dell'attivazione di tirocinio mi hanno pagato in voucher senza calcolare esattamente le ore che facevo ma utilizzandoli come fossero buoni pasto. Ho tirato avanti una settimana, il capo non si faceva mai vivo, e alla fine ho minacciato di denunciarli all’ispettorato del lavoro. Ecco che i soldi sono saltati fuori magicamente. Loro avrebbero voluto darmi 70€ alla settimana in voucher, minacciandoli ne ho incassati il doppio. A volte capita che il datore di lavoro non abbia abbastanza voucher e ti paghi in nero. E' un sistema che non funziona neanche per le ripetizioni, e che francamente non auguro mai a nessuno"
Stefania (nome fittizio), voleva lavorare nell'educazione dell'infanzia. "Ho 26 anni e già una famiglia. La mia esperienza coi voucher è stata una sola, ma significativa. Ho lavorato, a cavallo tra 2015 e 2016, per un nido famiglia da 8-9 bambini di capienza. Con il proprietario all'inizio eravamo d’accordo che avrei avuto un contratto dopo un primo periodo pagato in voucher. Un periodo, però, che si allungava sempre più, con le solite scuse come: “Abbi pazienza, devo capire come funziona prima...” Avevo bisogno di lavorare in quanto ho una famiglia da mantenere, e ho accettato lo stesso. Le ore poi sono aumentate da part-time a full-time, ma i soldi no. Anzi: alla fine lavoravo tutto il giorno per 600 euro al mese. Dopo un periodo di mobbing nei confronti miei e di una mia collega, il proprietario ci ha lasciato a casa da un giorno all'altro, mettendomi in difficoltà. Pensare che mi ero anche iscritta all'università, pagando i 600 euro di iscrizione a Scienze della Formazione, per continuare a fare quel lavoro. Ho dovuto lasciare perdere. Ora sono impiegata in tutt'altro settore, quello dei trasporti, ho un contratto e la cosa mi va più che bene"
Dalla Nidil Cgil ci raccontano infine le storie emblematiche, ma sempre anonime, di:
- L'albergo che chiede il rimborso delle pulizie. Un hotel rinomato di Trieste impiega un lavoratore come tuttofare e lo paga in voucher. Una sera, portando la spazzatura, il malcapitato sporca accidentalmente il tappeto, ma il suo datore di lavoro gli trattiene i costi della pulitura a secco dai voucher;
- La ragazza dal sogno infranto. Una giovane triestina, formata nella scuola alberghiera, entusiasta, si ritrova fin da subito a entrare nel mondo del lavoro con voucher. I turni sono da 10 ore al giorno, il pagamento a forfait e le pressioni per una maggiore flessibilità raggiungono limiti insopportabili. Progressivamente, cresce la voglia di abbandonare il settore per cui ha studiato.
"Questi e moltissimi altri casi accadono quotidianamente", riferisce il segretario Nidil Cgil Trieste, Gianni Bertossi. Il sindacato stima che a Trieste siano 4000 le persone che non hanno la possibilità di lavorare altrimenti.
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