Lavoro, cento esuberi tra gli impiegati della Wärtsilä

Si salvano le tute blu. Prevista anche la creazione di un unico magazzino in Olanda. Razeto: ma Trieste resta centro d'importanza strategica

TRIESTE. Dal centinaio di esuberi scritto nel destino prossimo della Wärtsilä Italia - un destino che investirà primariamente lo stabilimento triestino, giacché vi prestano servizio quasi 1.250 persone sulle circa 1.500 oggi sul libro paga della multinazionale nella nostra penisola - a salvarsi saranno le tute blu. Gli operai. Non ne verranno fuori indenni, invece, i colletti bianchi, in quanto la riorganizzazione aziendale mieterà il grosso dei suoi tagli nelle cosiddette strutture di staff e supporto alla produzione "pura" di motori giganti. Produzione che per ora, appunto, non sarà violata. Tutto da scrivere, infine, sarà il domani degli addetti al magazzino ricambi non ancora pensionabili, che dovranno a loro volta prepararsi, presumibilmente, a un ricambio. Di mansioni.

Motivo: sta per prendere corpo l'annunciata creazione di un unico grande magazzino europeo nei Paesi Bassi. Nelle ore in cui si esaurisce la fase del primo approccio alla riorganizzazione aziendale - tra i pezzi grossi di Wärtsilä Italia da una parte e le delegazioni sindacali nelle loro massime espressioni nazionali e territoriali dall'altra - il più lesto a uscire allo scoperto, mettendo così il sigillo dell'ufficialità "datoriale" sulle voci di corridoio, è proprio il presidente di Wärtsilä Italia (e pure di Confindustria Trieste) Sergio Razeto. Il quale conferma, sì, che rispetto al centinaio di tagli, trapelato in via informale lunedì sera, «siamo attorno a quelle dimensioni». Ma si premura anche, e soprattutto, di puntualizzare che questa riorganizzazione, «su cui dobbiamo ancora ragionare assieme alle organizzazioni sindacali», per lo stabilimento di San Dorligo «non è affatto l'inizio di una dismissione». Di più: «Mi preme affermare - insiste Razeto - che Trieste, oltre a Vaasa (la sede finlandese, ndr), rimane un centro d'importanza strategica per il gruppo».

E poi «ridurre l'organico non significa licenziare, ma rivedere le proprie strutture. Andremo a battere e individuare tutte le strade possibili per rendere meno difficoltosa la realizzazione del piano di rientro dagli esuberi». Tradotto: l'azienda prima ci proverà con prepensionamenti, scivoli, trasferimenti e cambi di mansioni. Ci tiene poi, Razeto, a far passare il messaggio che, no, questa riorganizzazione non è un fulmine a ciel sereno: più che essere nell'aria, lascia intendere, era addirittura già stata annunciata, magari non nei numeri, sia ai tavoli sindacali che nei bollettini interni on-line. «Ciò che noi ci apprestiamo ora a perseguire - precisa il numero uno di Wärtsilä Italia - non è una sorpresa, ma è parte di una ristrutturazione generale stabilita a suo tempo dal gruppo, e altrove già realizzata, che ci aveva permesso ad esempio di vederci trasferita, un anno fa, la linea di produzione chiusa in Olanda. Trieste, finora, era rimasta intonsa grazie anche all'organizzazione interna flessibile, concordata sei anni or sono con gli stessi sindacati».

Ora, però, i nodi vengono al pettine pure qui: «Ma gli esuberi si concentrano nelle posizioni indirette, al di fuori della produzione». Nella galassia degli uffici di staff: «risorse umane, acquisti, contabilità e controllo qualità», tanto per limitarci a quelli citati a mo' di esempio dallo stesso Razeto.
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