«L’Autorità portuale non mi permette di riaprire la Diga»
Aut aut dell'associazione L'Antica Diga, concessionaria della Diga, all'Autorità Portuale. «O mi mettono nelle condizioni di procedere e di lavorare o rimetto nelle loro mani le concessioni», dichiara Franco Brumat, il presidente della associazione al quale da poco sono stati revocati gli arresti domiciliari.
La travagliata vita della vecchia Diga è stata segnata da diversi procedimenti giudiziari, ma ad oggi a pagare è stato solo lui. «Hanno voluto farmi fuori fin da subito perché non faccio parte di un partito - dichiara Brumat - perché non ho mai chiesto favori a questo o quel politico. Trieste ormai mi va stretta anche se ci sono parecchie persone che mi spronano ad andare avanti».
Per l'Antica Diga ora si apre dunque una nuova partita «tenendo anche conto - evidenzia il presidente della concessionaria - che io sono custode di un bene dello Stato, sono responsabile di qualsiasi cosa succeda lì sopra; eppure non mi mettono nemmeno nelle condizioni di raggiungere la Diga». Perché per l'attracco di un'imbarcazione che accompagni le persone sulla Diga, la concessionaria è costretta ora a pagare la Trieste Terminal Passeggeri «mentre - spiega Brumat - quando è stata sottoscritta con l'Authority la concessione, il posto per far attraccare il natante sul molo era gratuito». Insomma il confronto è aperto. E per avanzare le sue richieste ora Brumat si è rivolto a uno studio legale scelto con ponderatezza. Quello dell'avvocato Alfredo Biagini di Venezia, che rappresenta anche la società Portocittà.
«A fine dicembre ho inviato una raccomandata all'Autorità portuale avanzando le mie richieste, chiedendo il posto barca e la corrente elettrica - riferisce Brumat esibendo copia della missiva con tanto di timbro per il ritiro a mano dell'Authority - altrimenti io riconsegno le concessioni che senza queste premesse non hanno motivo di esistere. Con la fine del progetto di Portocittà viene meno anche l'interesse per la Diga che fa da porta d'accesso a quella che doveva diventare la città nella città». La storia che accomuna Brumat alla Diga è lunga e complessa. La sua intenzione di investire a Trieste inizia nel 2005 quando, con Sergio D'Arcano, arriva in città con un progetto da 3 milioni di investimento per la riqualificazione del Magazzino Vini.
«Ho proposto alle Cooperative Operaie, al sindaco di allora Roberto Dipiazza e al vicesindaco di quella stessa amministrazione Paris Lippi il progetto del Museo del Vino legato a quello di Londra - sostiene - ma non ho avuto alcuna risposta». «Io mettevo i soldi - dichiara ancora - poi mi occorreva una persona che ci mettesse la faccia; e mi servo di D'Arcano». Poi nel 2010 «dopo un brutto infarto torno alla carica e ottengo le concessioni dell'Antica Diga - ricorda - con incarico alla D'Arcano Sviluppo Europa di gestire lo stabilimento». Brumat racconta che «nel settembre del 2010 quella diga era un mucchio di immondizie e noi abbiamo investito un milione e mezzo per bonificarla. Ma poi ci accorgiamo che è stato tutto sequestrato, pignorato - continua - e il Comune che fino a poco tempo prima aveva lasciato lavorare lì sopra il gruppo capitanato da Federico Stopani, ci revoca subito l'agibilità, toglie la licenza e rende la Diga impraticabile. La Guardia di finanza interviene bloccando tutto per l'assenza del sistema fognario». Una situazione dunque drammatica.
Mai prima di allora il Comune aveva evidenziato tali criticità. «Realizziamo noi le protezioni verso il mare - spiega il presidente della concessionaria - e le vie di fuga, anche attraverso un finanziamento che io accendo con la banca per una cifra pari a tre milioni di euro». La Diga inizia a funzionare ma i problemi poi Brumat se li trova per così dire "in famiglia", tra i dipendenti. Si accorge di alcuni ammanchi e denuncia una dipendente.
Ma la denuncia viene archiviata. Nel febbraio del 2013, Brumat presenta un’altra denuncia alla Guardia di finanza contro la Friulzeta (società alla quale nel 2012 viene data in mano la gestione della Diga) e il commercialista Lucio Agosti, marito della presidente della Friulzeta, professionista che segue Sergio D'Arcano e contabile della D'Arcano Sviluppo Europa. Il pubblico ministero archivia.
Agosti è stato anche denunciato dallo stesso Brumat all'Ordine dei commercialisti di Udine «perché mi sono accorto che ci sono state gravi irregolarità nella contabilità della società», riporta il verbale di denuncia. Insomma un pasticcio. «La Friulzeta non ha corrisposto quanto pattuito - spiega Brumat - e dopo che la figlia di Agosti ha festeggiato il compleanno in Diga, ho deciso di provvedere a chiudere l'acqua». Il resto è storia recente.
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