L’Austria “svende” due monti a 121 mila euro

Sono il Cavallo e il Cavallino e si trovano nelle Alpi Carniche occidentali. L’asta si terrà l’8 luglio. La “sindaca” di Lienz: «Mi sembra uno scherzo d’aprile»

Lienz. Bastano 92.000 euro, il prezzo di un’auto di grossa cilindrata, per comprarsi una montagna. Se poi di montagne se ne comprano due in un colpo, c’è lo sconto quantità: 121.000 euro tutto compreso. Succede in Austria e la sorprendente notizia ci riguarda direttamente, perché le due cime di cui parliamo non si trovano negli Alti Tauri o nel massiccio del Dachstein, cioè nel cuore del Paese, ma nelle Alpi Carniche occidentali, dove fanno da spartiacque tra il Tirolo orientale e la val Comelico, in Italia, subito al di là di Sappada.

Si tratta del monte Cavallino, 2689 metri, e del monte Cavallo, 2671, che gli austriaci chiamano rispettivamente Großer Kanigat e Roßkopf, frequenti mete di ascensioni anche dal versante italiano, perché proprio lì vicino incomincia la via ferrata alla cresta della Pitturina. E poco più a est c’è la cima Vallona, tristemente nota per uno degli attentati dinamitardi degli anni ’60, in cui persero la vita quattro militari italiani, come riferito nei giorni scorsi.

Che il Kanigat e il Roßkopf fossero in vendita lo si è saputo solo per caso, quando il Comune di Kartitsch, paese di 840 abitanti all’estremità occidentale della Lesachtal, ha chiesto il permesso di allestirvi una via ferrata. «Ci siamo rivolti allo Stato – spiega il vicesindaco Leonhard Draschl – pensando che fossero per così dire monti nostri. Invece ci è stato detto di rivolgerci alla Big, che ci ha dato l’autorizzazione per la ferrata, ma ci ha anche comunicato che i monti erano in vendita e ci ha chiesto se eravamo interessati all’acquisto».

La sigla Big sta per “Bundesimmobiliengesellaschaft”, nome composto che significa “società degli immobili federali”. È lo strumento operativo con cui lo Stato vende un po’ alla volta ciò che possiede per far cassa: caserme in disuso, terreni, laghi e - lo apprendiamo oggi - anche montagne. Nel 2001 lo Stato ha ceduto il Kanigat e il Roßkopf alla Big per 300.000 euro. Le due montagne italo-tirolesi saranno poste all’asta l’8 luglio. Ci sarebbero già 20 acquirenti interessati all’acquisto, ma non il Comune di Kartitsch. «Ci siamo informati – riferisce il sindaco Josef Außerlechner ancora sconcertato dalla novità – ma il prezzo è troppo alto per noi. Se si trattasse di un paio di migliaia di euro...». Non è dello stesso avviso Stephan Weniger, responsabile vendite della Big, che cede le due montagne a un prezzo inferiore a quello con cui le ha avute dallo Stato. A questo punto vien da chiedersi chi può avere interesse a diventare proprietario di una montagna. Se l’è chiesto anche Elisabeth Blanik, sindaca di Lienz, capoluogo del Tirolo orientale cui appartiene il Comune di Kartitsch e nel cui territorio ricadono il Kanigat e il Roßkopf. «Quando ho appreso la notizia alla radio – confessa ancora incredula – ho pensato a uno scherzo d’aprile e mi sono chiesta perché qualcuno dovrebbe comprare 1,2 milioni di metri quadrati di terreni incolti». Terreni che non potrebbero essere recintati e compartimentati. Ma proprio qui sta il problema. «Con il libero accesso alle montagne – osserva la Blanik – c’è poco da scherzare, così come con la libertà di passaggio su prati e boschi. Noi tutti sappiamo quali conseguenze ha portato la privatizzazione dei laghi, per esempio (dove l’accesso alle rive è interdetto, ndr). Una sorte simile dovrebbe essere risparmiata alle montagne». Se le preoccupazioni della sindaca di Lienz siano fondate lo si vedrà dopo l’8 luglio. Esempi di cosa significhi la privatizzazione delle montagne si hanno già in Austria e da noi. È di un paio di anni fa, per esempio, l’acquisto del Mullwitzkogel, 2.767 metri, nel gruppo del Großvenediger, da parte della Wiesbauer, importante azienda viennese degli insaccati, con filiali in Slovenia e Ungheria. La nuova proprietà non ha recintato il monte, ma gli ha cambiato nome. Ora si chiama Wiesbauerspitze, in omaggio a Franz Wiesbauer, compianto fondatore della premiata ditta.

In Italia si assiste a un fenomeno diverso. La proprietà dei monti è della Regione, che ha pensato di farlo sapere a tutti piantando sulle cime, accanto alle croci di vetta, tabelle di colore giallo con la scritta “Proprietà regionale”. Non si riesce a scattare la classica foto ricordo di vetta senza che vi appaiano. Una constatazione di un dato di fatto e un insulto all’ambiente.

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