Lauri: «Ok alla riforma, all’Italia serve modernità»
TRIESTE. «La riforma costituzionale ha un prevalente segno positivo e per questo motivo sono intenzionato a votare sì al referendum». Giulio Lauri, capogruppo di Sel nel consiglio regionale Fvg, esce allo scoperto con una posizione che farà discutere a sinistra: «Non penso sia una riforma perfetta e la prima lacuna sta nell’assenza di un consenso parlamentare più ampio, ma non siamo certo davanti al nuovo fascismo. Quello è rappresentato dai populismi».
Come spiegherà la decisione a sinistra? Il bicameralismo perfetto ha avuto le sue motivazioni storiche, ma oggi è un elemento di rallentamento del processo legislativo: va superato. L’Italia è rimasta bloccata dalla presenza di Berlusconi, dai veti incrociati tra forze politiche e da due camere con maggioranze diverse che facevano la stessa cosa. Aggiungiamoci la burocrazia e il fallimento della riforma federalista del 2001, con un perenne conflitto fra Stato e Regioni. Oggi è indispensabile portare il paese fuori dalla palude, anche a costo di convivere con alcune sgrammaticature costituzionali presenti nella riforma.
Si è già confrontato con i suoi? È una decisione maturata in questi ultimi giorni e ovviamente sofferta. So che la mia posizione non è in sintonia con quella di Sel, ma avremo modo di affrontare la questione.
Il suo telefono comincerà a squillare. Chi la chiamerà? Non ho la sfera di cristallo. Risponderò a tutti e spiegherò le mie ragioni, fondate sulla volontà di avviare un processo di modernizzazione del paese: è indispensabile per dare risposte alle giovani generazioni e ai non garantiti, nel mondo del lavoro e nell’intera società italiana.
Sembra il manifesto del renzismo... Non lo so. È certamente la consapevolezza che, se non si restituisce più forza alla politica, saranno i poteri economici e sovranazionali a prendere le decisioni. Lo sforzo di modernizzazione non va fermato, anche se è stato contrassegnato da errori.
Quali? La cancellazione dell’articolo 18, una riforma della scuola fatta senza gli insegnanti, la personalizzazione di Renzi sull’attività di governo e l’Italicum che va cambiato coniugando governabilità e rappresentanza.
Sel è tuttavia per un no convinto. E per questo si batterà anche in Fvg: lo ha detto il coordinatore Fratoianni. Non nascondo la contraddizione, ma molti partiti sono attraversati dal dibattito sul referendum. D’altronde c’è contraddizione anche fra la decisione di Sel di confluire in un soggetto politico che nasce alternativo al Pd come Sinistra italiana, mentre in Fvg governiamo col Pd, attuando riforme importanti e di sinistra come la misura di sostegno al reddito. Continueremo a lavorare in questa maggioranza, convinti che in questo finale di legislatura si debbano rendere i vantaggi delle riforme davvero percepibili ai cittadini.
Molti la danno in avvicinamento al Pd. I tempi sono maturi? Non voglio uscire da Sel. La mia posizione è in totale sintonia con le ragioni che ne determinarono la nascita: volontà di modernizzare l’Italia e rifondare un centrosinistra unito e di governo. Senza un centrosinistra unito vinceranno i populismi, rappresentati dal M5s o un centrodestra a trazione leghista: formazioni caratterizzate da una tendenza autoritaria ben più forte di quella attribuita a Renzi.
Fratoianni dice che Sel deve lavorare ovunque all’alternativa al Pd. Lauri che farà? Alle ultime amministrative il centrosinistra ha sempre perso quando è stato diviso. Penso che all’interno di Sel questa posizione vada rivista: serve un progetto comune, lo chiede la stessa minoranza del Pd.
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