L’ateneo? È un trampolino. L’esempio di Giulia & Co.

TRIESTE Far conoscere le storie di successo degli ex studenti dell’ateneo per ispirare quanti stanno ancora studiando o stanno per conseguire un titolo. Questo l’obiettivo dell’evento “Homecoming#19” organizzato dall’Università e moderato dalla giornalista Micol Brusaferro, che si è svolto al Contamination Lab dell’ex Ospedale militare e che ha visto la partecipazione di cinque “Alumni” che ora ricoprono posizioni di rilievo in aziende o in ambito accademico.
LA VIDEOREGISTRAZIONE DELL'INTERO INCONTRO
Innanzitutto, sarebbe bene capire cosa si intenda con l’espressione “di successo”. «“Di successo” significa lavorare nello stesso ambito in cui hai studiato e continuare ad avere quella stessa passione che avevi prima», spiega Dario Chisari, originario della Sicilia, laureatosi a Trieste in Geoscienze. Dario ha poi lavorato per cinque anni tra Londra e Houston per una multinazionale specializzata nella fornitura di dati geofisici nel settore delle energie fossili e ora è rientrato in Italia per lavorare con Eni.
Anche la trevigiana Giulia Predonzani oggi fa il lavoro dei suoi sogni, al Tribunale della Corte di giustizia dell’Unione europea, in Lussemburgo, ma ricorda ancora con nostalgia ogni suo arrivo con il treno a Trieste: «Quando vedevo il mare mi sentivo come a casa». «Essere italiani all’estero ha i suoi vantaggi, perché siamo conosciuti come il popolo dell’arte e della bellezza – spiega Giulia – ma ha anche i suoi inconvenienti: abbiamo la fama di essere meno precisi di altri, ma nel mio caso è stata facilmente dissipata».
Chi invece è nata e rimasta a Trieste è Giulia Ottaviani, che dopo la laurea in Odontoiatria ha svolto un dottorato in Nanotecnologie e un master in Laser-terapia a Parma.
Ora sta concludendo nel capoluogo giuliano la scuola di specializzazione in Chirurgia orale e simultaneamente lavora nell’ambito della “ricerca e sviluppo”. «A Trieste ho trovato tutti gli sbocchi e le opportunità che la mia professione richiedeva», dice Giulia. Da poco lontano proviene Matteo Monai, che da Cividale del Friuli ha conseguito il suo dottorato in Chimica a Trieste, dove di notte girava per i locali con la sua band, i “Concrete Jelly”. Oggi svolge un post-doc alla Utrecht University e pochi mesi fa è stato premiato dal presidente Mattarella come “giovane ricercatore dell’anno”. A un giovane studente che deve ancora decidere quale strada intraprendere, Matteo si sente di consigliare “quanto segue”: «Caro neolaureato, ci sono tre motivi per fare un dottorato. Il primo è che ti è piaciuto il lavoro fatto per la tesi specialistica e pensi che diventare professore un giorno non sarebbe male. Il secondo è che il dottorato ti può dare accesso a una carriera nel mondo dell’industria che una laurea non ti dà. Il terzo è che non sai ancora cosa fare esattamente nella vita, ma intanto puoi fare qualcosa che ti appassiona e ti porta in giro per il mondo a conoscere gente stupenda».
Infine, ieri sera è intervenuta in videoconferenza da San Francisco anche Chiara Vanone, Quality Program Manager per Google e laureata in Traduzione specialistica e interpretazione di conferenza all’Università di Trieste.—
Riproduzione riservata © Il Piccolo