L’Ass gela Monfalcone: «Non ci sono risorse per il Centro amianto»
Dalla Regione risorse decurtate di quasi 14 milioni di euro e l’Azienda sanitaria isontina indica qual è la prima vittima: il centro regionale unico per l’amianto che si sarebbe dovuto realizzare al San Polo.
Non lasciano spazio a dubbi le parole pronunciate dal direttore sanitario dell’Ass, Marco Bertoli, intervenuto alla Biblioteca comunale di Monfalcone nell’ambito del convegno organizzato dall’associazione internazionale Apin (persone vittime dell’amianto).
«Nella situazione finanziaria in cui si trova l’Ass - ha detto Bertoli - non si può pensare di chiederci lo sviluppo di progetti che hanno bisogno di cospicue coperture finanziarie. Dobbiamo limitarci alla diagnostica ma di più non possiamo fare. Del resto non abbiamo alcuna competenza nella ricerca scientifica, che invece spetta alle università».
Le parole di Bertoli nascondono però altre scomode verità.
La prima: la costituzione del Centro amianto a Monfalcone fu sancita dal Consiglio regionale nel 2011. Da allora che cosa è stato fatto durente esercizi finanziari meno penalizzanti dell’attuale?
La seconda: cosa significa Centro amianto? Anche nel dibattito è stato ribadito che l’Ass isontina non ha mai ricevuto proposte univoche e concrete dal territorio su come calibrare al meglio il centro.
La terza: le dichiarazioni di Bertoli giungono a poche settimane dal termine entro il quale l’Ass isontina indicherà quali sono i settori dove procedere alla necessaria razionalizzazione. Significa, anche, che verrà deciso quale dei due Punti nascita resterà attivo. Molti indizi portano a ritenere che sarà quello di Gorizia.
È chiaro che il determinarsi di una situazione del genere possa provocare reazioni molto vivaci tali da inasprire pericolosamente l’eterna contrapposizione tra il Monfalconese e il Gorizia in campo sanitario e non solo in quello. Con il risultato di indebolire ancora di più la provincia.
Mantenere il Punto nascita a Gorizia nonostante la comunità scientifica abbia sovente sottolineato non esserci i requisiti di sicurezza sarebbe difficile da spiegare alla comunità. Soprattutto a quella monfalconese che si vede privata (e beffata) di un Centro amianto, portatore anche di una forte valenza simbolica a fronte delle migliaia di decessi di ex cantierini a causa dell’amianto.
Dunque, che fare?
L’unica soluzione percorribile chiama in causa la politica. Serve una determinata e inedita azione per dare un concreto segnale di coesione territoriale e, dunque, essere più forti nel pretendere dalla Regione più risorse per la sanità isontina. Sono in atto in queste ore tentativi di alcuni amministratori regionali e comunali per giungere alla convocazione di una seduta plenaria dei Consigli comunali di Gorizia, di Monfalcone, di altri amministratori comunali isontini e del Consiglio provinciale. Una sorta di enorme agorà dove confrontarsi, anche in modo serrato, ma con l’obiettivo di individuare una linea condivisa. Vedremo chi si tirerà indietro.
Non è un caso se tre consiglieri comunali - Blasig, Fogar e Nicoli - , pur se appartenenti a forze politiche diverse, si siano chiesti cosa significa l’annunciata istituzione a Gorizia della cosiddetta “casa del parto”. Un piano che si vuole far rientrare nei progetti sviluppati dal Gect, l’organismo di pianificazione transfrontaliera dal quale è esclusa Monfalcone. Pure il Centro amianto avrebbe una forte valenza transfrontaliera alla luce di quanto sta accadendo ad Anhovo, a dieci chilometri da Gorizia, lungo la valle dell’Isonzo, sede di uno stabilimento di eternit.
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