L’arte di arrampicarsi su cascate di ghiaccio

Pareti d'acqua imprigionate in un sottile mantello di ghiaccio. Cattedrali cristalline fragili e affascinanti al tempo stesso. Il cascatismo, ovvero l'arte di arrampicarsi su cascate ghiacciate, è riuscito a sedurre persino una città di mare come Trieste. E c'è chi a una regata nel golfo preferisce un'esperienza più unica che rara. «Si tratta di una disciplina nata negli anni '80 - spiega Siro Cannarella, istruttore di alpinismo della Società Alpina delle Giulie del Cai - 29 anni fa la scuola nazionale Emilio Comici fu la prima in Italia ad organizzare un corso a Sappada». Così, quando la salsedine lascia spazio all'aria pungente di montagna, il contrasto è servito. Come il dolce e il salato. «Trieste - sottolinea Marco Zebochin, anche lui istruttore di alpinismo della scuola Emilio Comici - è sì una città di mare, ma porta con sé una grande tradizione alpinistica. Salire su una cascata ghiacciata non è però la stessa cosa di farlo su una falesia».
«Il freddo - prosegue - blocca l'acqua dando vita a meravigliose strutture. Veri e propri nastri di ghiaccio da scalare. Qui in Regione ci sono svariati luoghi dove è possibile cimentarsi in questa disciplina. Dalla Val Dogna alla zona dei laghi di Fusine». Una vera e propria arte che richiede la giusta attrezzatura e una massiccia dose di coraggio. «Il Cai - prosegue Cannarella - offre ogni anno un corso di cascate tra gennaio e febbraio. A chi vi partecipa spieghiamo come effettuare l'arrampicata in tutta sicurezza. Alla base di tutto c'è la passione. I pericoli, d'altronde, non mancano. Bisogna valutare con attenzione non solo lo spessore del ghiaccio, ma anche di quanto la struttura sia effettivamente staccata dalla parete. E poi c'è la minaccia di valanghe. Spesso queste cascate si trovano in zone a rischio». Insidie a parte, una volta poggiati gli scarponi sull'acqua vetrificata dal gelo, l'emozione è indimenticabile. «Cosa si prova? Una sensazione unica - spiega Marco Zebochin - ci si arrampica su un qualcosa che non c'è, che cambia nel corso delle stagioni. È un ambiente magico. Spesso si formano anche delle stalattiti che sfiorate dai raggi del sole creano giochi di luce meravigliosi. Durante la salita è inoltre possibile sentire l'acqua che scorre sotto il ghiaccio. È un suono che sa essere piacevole ed impressionante al tempo stesso». Magia pura. E non sono pochi i triestini che ogni anno decidono di lanciarsi in questa particolare avventura. Dall'acqua salata dell'Adriatico a quella dolce, il passo è davvero breve. «Ci sono diversi appassionati - conferma Cannarella - ogni anno contiamo dalle sei alle otto persone che scelgono di partecipare al corso. Non è affatto un numero basso per questo genere di attività, anzi».
Daniela Mosetti
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