L’arsenale vicino a casa del premier serbo
ZAGABRIA. Un attentato si preparava a Belgrado contro il Primo ministro Aleksandar Vucic? Le autorità serbe sono alle prese con questa drammatica ipotesi, da quando, sabato pomeriggio, un deposito segreto di armi è stato scoperto vicino alla residenza dei genitori del premier, costringendo quest'ultimo a rifugiarsi per qualche ora «in un luogo sicuro». Nascosti tra i cespugli del quartiere di Jajinci - a 50 metri dall'abitazione visitata regolarmente dal premier - c'erano un lanciarazzi, quattro granate e delle grandi quantità di munizioni per fucili di precisione e mitra. Delle armi pesanti e posizionate «ad una distanza ideale» - secondo il ministro dell'Interno Nebojsa Stefanovic - per essere usate contro il capo di governo e la sua scorta, che proprio nei pressi di quell'incrocio stradale sono soliti rallentare «fino a 10 km all'ora», in occasione delle visite di famiglia ai coniugi Vucic.
In seguito al ritrovamento delle armi, il premier è stato immediatamente portato in un luogo segreto, taciuto dal ministro dell'Interno, per poi riapparire ieri mattina al palazzo del governo per una conferenza stampa. «Non si è trattato di un tentativo di omicidio» e «nessuno mi ha toccato», ha assicurato Aleksandar Vucic davanti alle telecamere. «Qualcuno potrebbe aver buttato lì le armi per caso», ha proseguito minimizzando il premier, che si è presentato all'appuntamento con la stampa senza una scorta rafforzata. Tuttavia, fa notare l'agenzia Reuters, nella capitale serba «la polizia era maggiormente presente, pattugliando le strade attorno agli edifici governativi» e «il livello di sicurezza attorno ai maggiori ufficiali è stato rialzato come non mai dai tempi dell'assassinio, 13 anni fa, (dell'ex premier) Zoran Djindjic da parte di nazionalisti serbi con legami con la mafia e la polizia segreta».
Inoltre, la scoperta fatta dalle forze dell'ordine serbe - e per la quale il premier aspetta comunque il rapporto della polizia scientifica - arriva dopo altri casi di fatti violenti rimasti per ora irrisolti. Il più clamoroso è il «tentato colpo di stato» in Montenegro (così perlomeno è stato definito dal Primo ministro di Podgorica Milo Djukanovic): un gruppo di cittadini serbi avrebbe tentato di prendere il potere nel paese proprio nel giorno delle elezioni legislative, il 16 ottobre. Tutti sono stati arrestati. Lo scorso giovedì, sarebbero invece state le autorità serbe ad espellere un gruppo di cittadini, questa volta russi per non ben chiarite attività illegali, un'informazione riportata dal quotidiano belgradese Danas ma non confermata né da Belgrado né da Mosca. Infine, di recente «ci sono state anche diverse uccisioni di tipo mafioso tra i gruppi criminali di Belgrado», prosegue Reuters che ricorda «le dicerie e le teorie del complotto» sviluppatesi nella regione proprio in seguito a questi eventi.
Ma se il caso delle armi trovate nei pressi di casa Vucic rimane per il momento un mistero, il ministro degli Esteri serbo, Ivica Dacic, ha già citato «le crescenti pressioni sulla Serbia», come possibile ragione dell'evento. «Molti nel mondo considerano un problema il fatto che un paese e un leader stiano portando avanti delle politiche indipendenti e lavorino solo nell'interesse della Serbia», ha spiegato il capo della diplomazia di Belgrado, aggiungendo tuttavia che «la storia ha mostrato come (loro) possono facilmente trovare una mano serba per fare il lavoro sporco». Vucic, insomma, sarebbe a rischio come Djindjic, l'ex premier ed oppositore di Slobodan Milosevic (mentre Vucic ne fu ministro) assassinato nel 2003. Una tesi, quella del ministro Dacic, che non tutti sembrano però credere, a cominciare dall'agenzia croata Hina che definisce l'attuale premier «l'uomo di gran lunga più potente in Serbia».
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