L'arcivescovo: "La realtà del lavoro ha un grande significato"
GORIZIA. La mattina del giorno di Pasqua, dopo avere assistito alla celebrazione del Resurrexit, dei fedeli di lingua slovena in cattedrale, l’arcivescovo di Gorizia Carlo Maria Redaelli ha presieduto la messa nella chiesa di Sant’Ignazio. Questa la parte finale della sua omelia dove ha ricordato la sua recentissima visita in alcune aziende del territorio per parlare di lavoro, molte volte del lavoro che non c’è. Redaelli ha affermato che bisogna tendere a «un valore di vita e di definitività da riconoscere a tutto quello che facciamo: non solo alla preghiera o a qualche gesto di bontà, ma ai nostri rapporti, agli affetti familiari, alle amicizie, al nostro lavoro, alla cultura, all’arte, allo sport, a tutto ciò che è parte della nostra vita, compresi anche i momenti difficili dei problemi, della malattia, dei lutti. Proprio convinto di questo, nei giorni scorsi ho visitato l’ospedale di Gorizia e diverse fabbriche, aziende agricole e uffici: non era solo per portare un augurio, dire una preghiera e dare una benedizione, ma per indicare concretamente che appunto anche la realtà della malattia e del lavoro hanno un significato, hanno un grande valore».
«Vivere da persone che hanno come orizzonte la risurrezione e la salvezza di tutto: questo, se ci pensate, cambia tutto nella vita. Offre - le parole dell’arcivescovo - una prospettiva incredibile, dona una sapore di eternità a ogni momento. Perché noi siamo fatti per l’eternità. La morte sarà solo un passaggio, doloroso e faticoso, ma solo un passaggio verso quella pienezza di vita che già ora sperimentiamo. Vivere da risorti è quindi dire con convinzione non a parole, ma con la vita, insieme ai nostri padri: “Credo nella risurrezione di questa carne”».
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