L'archistar Fuksas: «Un waterfront comune da Trieste a Capodistria»
CAPODISTRIA. Metti un pomeriggio uggioso di primavera a braccetto con Massimiliano Fuksas lungo le strade di Capodistria e scopri il mare del golfo di Trieste che assume una nuova dimensione, un’unica prospettiva, un waterfront comune che da Capo Grande, la torre che l’archistar romana ha progettato per il Litorale sloveno, arriva fino a Porto Vecchio, a Trieste.
«La mia opera ha al suo interno una spirale, una sorta di genoma della fratellanza, un genoma che unisce il genere umano in una torre che è un segnale per i naufraghi». Fuksas, a Capodistria per presentare al pubblico il suo progetto, guarda verso il mare che fa capolino dalla via che sbuca alle spalle di piazza Tito. Dalla loggia in stile veneziano giunge un altro monito dei popoli di cui è costituito il Dna di queste terre. «Terre - spiega l’archistar - imbevute di storia che, se in passato ha diviso, oggi, oggi che inizia il futuro, unisce tutte le culture» in una spinta che guarda inevitabilmente a oriente, a quella Via della seta che la Cina vuole costruire da Pechino fino a Trieste. E sta qui la sfida per Fuksas, la sfida che Trieste deve saper vincere.
Capo Grande è la torre che unirà la costa tra Capodistria e Isola - all’altezza di Giusterna - alla vetta del monte San Marco. Una costruzione alta 111 metri, inclinata verso il mare e con all’interno una scalinata a spirale. Torre collegata al monte con un ponte vetrato lungo 100 metri e a un belvedere orientato verso il golfo di Trieste che ospiterà bar, ristoranti e spazi culturali.
Dal punto intermedio della torre partirà un ascensore obliquo, mentre gli abbracci elittici di Capo Grande la notte saranno accesi da luci di diversi colori. Ed è qui, nella torre protesa sull'Adriatico, che il progetto ha il suo carattere più simbolico. «Le due ellissi che si incontrano sono l'idea di due mondi, quello europeo e quello orientale, che si incontrano e si conoscono - riflette Fuksas -. È l'inizio di un processo che avrà bisogno di anni, ma io a questo inizio volevo partecipare». L'idea è frutto di un bando del Comune vinto dal suo studio con l'architetto sloveno Sandi Pirš. Il Comune spera nei fondi europei per realizzare l’opera. I lavori dovrebbero partire a settembre.
«Capo Grande è un luogo dell’incontro - dice Fuksas - dove possiamo cominciare a celebrare i popoli, forse anche popoli che non hanno né patria, né bandiera, e anche i naufraghi. Insomma un luogo dove tutti i naufraghi si possono incontrare». Per Fuksas compito dell’architetto è quello di creare luoghi dove far incontrare la gente, di trovare un senso alla comunità, una grande comunità di tutti noi esseri umani. E su un punto non ha dubbi: Capodistria e Trieste sono luoghi dove «si può celebrare qualche cosa» perchè, e questo per l’archistar è un assioma, il mondo d’oriente sta venendo a noi. «Io lavoro in Cina da anni - precisa - e so come viene vista Trieste, questo bacino di individualità, di personalità che si sono confrontate per tanti anni e che ora invece cominciano a ragionare insieme». «Il Porto Vecchio, ma tutta Trieste, ritengo che siano uno dei luoghi più interessanti al giorno d’oggi e penso che dopo aver progettato a Berverly Hills, a Los Angeles e a Pechino ora l’unico luogo che mi interessa dove lavorare è Trieste». Una dichiarazione d’amore che sgorga dal cuore, per come Fuksas la pronuncia, il tono della voce basso, quasi commosso. Ma c’è una condizione indispensabile perché questa dichiarazione d’amore possa tradursi nelle nozze: l’arrivo a Trieste di persone interessate al suo sviluppo. Ne ha parlato a lungo ieri mattina con il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza che lo ha accompagnato lungo i moli e gli angiporti delle vecchie strutture da riportare a una nuova vita, a un nuovo rinascimento anche architettonico.
Porto Vecchio come opportunità storica unica, dove Fuksas vede nuovi alberghi, sedi scientifiche, approdi nautici e nuove idee industriali, tutte inserite nel profilo costruttivo che da Opicina declina fino al golfo, al mare. «Non vorrei - afferma - che fosse venduto a una grossa società straniera, ma credo in una joint venture e guardo alla presenza di Monfalcone, della Fincantieri, alla presenza ancora di gruppi industriali come Illy, Generali e Allianz, cioè gruppi importanti».
Le parole corrono, la mente ripercorre gli scorci di Porto Vecchio assaporati col gusto del creatore, tra magazzini fatiscenti e altri «ben ristrutturati». «Credo che oggi Trieste - continua - ha tutte le carte per diventare altro, perché è il terminal della Via della seta», quell’oriente che Fuksas proietta dalle navi in rada di fronte a Capodistria. «Da chi opera in Cina da oltre dieci anni - incalza -, quando iniziai a lavorare su Pudong assieme all’architetto triestino Rogers, vedi che inesorabilmente, se tiri i fili, arrivi sempre a Trieste. Volendo o non volendo arrivi a Trieste» dove percepisci la presenza di tanti popoli di tante etnie, non razze, perché la razza è una sola: il genere umano». Scava Fuksas nella sua formazione culturale di quando giovane studente fece il Sessantotto, emerge il Fuksas “politico” che bacchetta i governi che non hanno capito le potenzialità di Trieste.
Il pensiero torna al luogo dell’incantamento, a Porto Vecchio e alla sua fisionomia definita, «con la grande avenue centrale». «Asse splendida costruita in scala straordinaria, bordata dal mare». E davanti a Ursus, la vecchia gru, l’archistar s’inchina: «Stupefacente». Le parole corrono, il tempo scivola, tempo che Fuksas non conosce e mostra il suo polso privo di orologio. Una pausa, il rintocco di una campana, il tempo che si arrabbia per non essere considerato, ma Fuksas non sente e passeggia tra le sue “nuvole”. «Quello che mi ha colpito di Porto Vecchio - dice in un sussulto - è la geografia». «Porto Vecchio è il luogo dove si incontra non solo la scienza, cosmopolita per antonomasia, con la sede dell’Icgeb, ma anche l’arte. Porto Vecchio è il luogo dove gli artisti dovrebbero avere un punto di ritrovo, perché la base di qualunque sviluppo è l’arte. L’arte salverà il mondo e la poesia salverà l’arte».
E lei? «Io ho una gran voglia di venire a Trieste».
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