L’Ara Pacis di Medea fra storia e restauro compie settant’anni

MEDEA
L’Ara Pacis Mundi di Medea è stato consacrato il 6 maggio 1951 come simbolo di pace e per raccogliere la memoria dei caduti e dei dispersi di tutte le guerre. A 70 anni di distanza dall’inaugurazione del monumento il Comune di Medea celebrerà questo anniversario con una cerimonia che si terrà domani alle 10.30. Il programma prevede la deposizione di un omaggio floreale e una breve preghiera. Interverranno il sindaco di Medea Igor Godeas, il direttore del Sacrario Militare di Redipuglia tenente colonnello Massimiliano Fioretti, l’assessore alla Cultura Helena Colloca, l’architetto Roberto Daris, progettista dei recenti lavori di restauro e il parroco don Federico Basso.
Sarà l’occasione per fare il punto sul recupero dell’Ara Pacis Mundi, eretto nel 1951 sul progetto dell’architetto milanese Mario Baciocchi (1902-1974). L’idea di costruire un monumento alla pace nacque nel marzo 1950 a Roma e il progetto fu fortemente sostenuto dall’onorevole Tito Zaniboni, presidente dell’Unione ufficiali in congedo d’Italia. L’Ara Pacis avrebbe dovuto sorgere proprio di fronte alla scalinata di Redipuglia. Ma questa scelta fu osteggiata da parte degli ex combattenti e degli esuli giuliani che ritenevano questo luogo inadatto in quanto avrebbe falsato il carattere storico e morale del sacrario di Redipuglia inaugurato nel 1938.
Alla fine fu scelto come sito il colle di Medea. Nel settembre del 1950, in sole 48 ore, vennero trasferiti a Medea il cantiere e gli impianti, pur essendo già state gettate le fondamenta dello stesso sul colle di Sant’Elia. A fine dicembre 1950 iniziarono i lavori che terminarono nell’aprile 1951. Il 6 maggio il monumento venne inaugurato con grande partecipazione di pubblico e con la benedizione da Roma di papa Pio XII.
Per Medea fu un giorno storico e indimenticabile. Il paese fu pavesato a festa con le bandiere tricolori e numerose persone salirono al Colle per partecipare alla manifestazione. Il monumento eretto per la pace è un sepolcro in forma di recinto sacro, privo di copertura. Custodisce l’Urna con le zolle di terra prelevate da oltre 800 cimiteri di guerra italiani e stranieri e le ampolle contenenti l’acqua dei mari dove furono affondate navi italiane e straniere. L’Urna in legno, racchiusa nella struttura centrale in porfido nero, riporta la scritta “L’odio produce morte, l’amore genera vita”. Il monumento rappresenta nella sua struttura architettonica il sacrificio e la gloria. Il sacrificio è dato dalle porte multiple e basse, poste sul lato posteriore del monumento, che richiedono a chi entra di chinare il capo. Le aperture, sulla parte anteriore che si innalzano verso il cielo, rappresentano la gloria. L’importanza dell’avvenimento venne pure sottolineata dall’emissione il giorno 11 aprile 1951, da parte del Poligrafico dello Stato, di un francobollo da 20 lire in omaggio alla consacrazione dell’Ara Pacis. Le Poste Italiane predisposero una cartolina e un annullo speciale, molto richiesto all’Ufficio postale di Medea dai collezionisti. Il monumento non fu completato con le infrastrutture previste, perché l’impresa Ramazzotti di Roma, a cui era stata affidata la costruzione, fallì. Il costo dell’opera ammontava a 100 milioni di lire che per quegli anni era una cifra notevole. Sempre sulla collina era prevista anche la costruzione di un orfanotrofio, la cui prima pietra era stata collocata sempre nella stessa giornata del 6 maggio 1951, alla presenza delle autorità e benedetta dal vescovo di Gorizia. La struttura che doveva sorgere tra la chiesetta di San Antonio e l’Ara Pacis non fu mai realizzata. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo