L’Aquila “in volo” nel golfo tra casse di sardoni e focacce

Viaggio notturno a bordo della lampara guidata dal settantenne capitan Vascotto Dalla scelta dell’ora giusta in cui calare la rete all’attesa dei controlli al Mercato ittico
I gabbiani sorvolano una, due, tre, dieci volte la barca e il mare scurissimo che sta attorno. Senza tregua. Per poi lanciarsi in picchiata a raccogliere la preda, non appena un pesciolino affiora dall’acqua. Non lo mollano neanche per sbaglio. E intanto la lampara Aquila è tornata nel golfo di Trieste, come ogni sera, alla ricerca di pesce azzurro. È una delle sole dieci rimaste attive oggi nell’Adriatico triestino. Vent’anni fa ce n’erano venti e prima ancora molte di più, «forse una cinquantina».


Un’uscita in mare con i pescatori - che ogni giorno a casa lasciano mogli, figli e fidanzate che per loro preparano una merenda per la notte e li attendono al ritorno -, per i neofiti diventa un’autentica avventura. La prua del peschereccio Aquila alle 22.30 punta verso Nord-Est. Si avvia velocemente verso la zona che il radar individua come la più pescosa, lasciando alle spalle ogni sera, eccetto il sabato, una città quasi dormiente. Senza far rumore, con molta semplicità, tutti gli uomini di Aquila sciolgono le cime dal molo della Marina San Giusto e la barca prende il largo. Il capitano di bordo Clemente Vascotto, 70 anni, guarda le altre lampare con il cannocchiale non appena si getta l’ancora. Con lui c’è il suo fedele equipaggio composto da sei uomini: Zied Zaguia, tunisino, Igor Vattovaz, triestino, Mansour Hedhili, tunisino, Ronaldo Balbi, triestino, e Dmitrovic Ljubomi, serbo.


L’imbarcazione è a tre miglia dalla diga foranea, completamente padrona di mezzo golfo. Di solito la sua posizione è molto ambita, a farle concorrenza con le sue 28 lampade a filamento da 280 watt ci sono altre “sorelle” attorno, in genere cinque, che iniziano la lunga attesa dei pesci. La luce è il loro strumento. Quella luce che illumina anche per due o tre ore, dipende da quando si decide il calo della rete, il mare scurissimo, per attrarre questa sera tante sardelle, sgombri e pochi sardoni: così detta il Mercato ittico, che attende il malloppo dalle 4 della mattina. Intorno solo le luci, quelle del faro, del Porto, delle case.


Il giorno prima il bottino era stato miracoloso: una tonnellata e mezza. Anche questa notte si spera in un possente ricavato. Zied inizia a pescare da solo per due ore intere, mentre gli altri si riposano prima della grande faticata. Il capitano legge il giornale. Intanto controllano da un video quanta intensità di pesci si sta formando sotto la barca. «Questa è la zona giusta, ma dobbiamo aspettare, non troppo questa volta perché non dobbiamo portare a casa tanti sardoni», dice Vascotto. La sua lampara avrebbe anche la licenza del pescaturismo e potrebbe portare fino a 12 persone. Ma Vascotto non porta nessuno se non amici. «Qui facciamo le feste, cuciniamo, ci facciamo delle scorpacciate…», dice sorridendo.


È appena verso le due di mattina che calano una rete enorme, lunga 200 metri. Sul “caiccio”, la barchetta trainata per l’uso, sale Igor e gestisce dal mare la rete. Che va in profondità, fino a 25 metri. Scivola dagli anelli di ferro. C’è chi lavora su questa barca da due, tre anni, chi solo da due mesi. Esperti del mestiere, passione nel sangue o semplice bisogno, c'è di tutto. Ma ora con Vascotto l'amore per il mare cresce e l’affiatamento è perfetto.


Mansour, poco prima di darsi da fare e dirigere la manovra, mangia un pezzo di focaccia fatta dalla moglie. Farina, tonno e olive. «Tieni un pezzetto», dice. Condivisione. Ci vuole quasi un’ora e anche di più perché la rete torni su. Viene avvistata anche una tartaruga dalle dimensioni enormi. «Mai vista una cosa del genere», esclama Vascotto. È una tartaruga liuto, si saprà l’indomani, specie rarissima nel golfo, che si riproduce nel Mediterraneo orientale. Si nutre di meduse e forse per questo è arrivata fin qui. Intanto qualche volta si sente dalla radio, dal canale 16, la Guardia costiera che comunica con altre navi. Ma nessuno si deve distrarre. Tra le reti si intrappolano dei pescetti, ma vengono lasciati lì, il grosso è pescato. I gabbiani ora si tuffano in mare, approfittano ghiottamente di tutti questi pesci che vengono portati poi con dei secchi in rete in vasche enormi, dove viene lanciato del ghiaccio. Chili e chili. Sono 500 stasera.


Velocemente, tirata su del tutto la rete, si torna ora verso la città, direzione Mercato ittico. Ma intanto, mentre Vascotto guida la nave, gli uomini si occupano di mettere tutto il pescato nelle cassette di polistirolo che poi consegneranno alla vendita. Sardoni da una parte, sardelle dall’altra. E in mezzo c’è di tutto: stelle marine, calamari e altri pesci strani. Si pesca per fortuna fino a settembre, poi si riparte ad aprile e marzo. Sempre pesce azzurro. D’inverno escono qualche volta, in particolare dopo la bora, quando è il momento giusto per le sogliole.


La città si sta svegliando e tutto l’equipaggio è alle prese con la sistemazione del pescato. Vicina ad altre imbarcazioni che vengono pure da Marano e altre zone limitrofe. È tutta una catena di montaggio: uno passa le sarde, l’altro i sardoni, l’altro ancora si occupa di metterle a terra e via dicendo. Una faticaccia. Ma si fa, con la stanchezza addosso di una nottata passata a dormire a intermittenza. Così funziona per loro, che lavorano di notte, anche se poi c’è pure chi lavora anche di giorno, come ha fatto Vascotto prima della pensione (era alla Grandi motori), o come fa Igor.


Le cassette di pesce arrivanpo ora al Mercato. Lì si aspetta la ricevuta e nel frattempo c’è il personale comunale che controlla, insieme agli operatori dell’Azienda sanitaria e della Guardia costiera, tutti assieme. Poi però c’è la pulizia dell’imbarcazione, delle reti, tutto deve essere apposto per il giorno dopo. Aquila lascia il Mercato ittico, torna alla sua banchina. Sono ormai le 8 del mattino. Vascotto però mica ha finito la giornata. Ora va nella sua osteria sulle Rive a giocare a carte.


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