L’aquila friulana incombe su piazza Unità
TRIESTE. «Non imponiamo bandiere a nessuno». La Lega Nord non vuole stravincere e Claudio Violino glissa sull’immagine del triestino che alza gli occhi al cielo in piazza Unità e si ritrova, il 3 aprile, l’aquila araldica del Friuli che svolazza nella bora. Ma Gianni Torrenti, invece, non si turba. E, premesso che la legge che istituisce la “Fieste de Patrie dal Friûl” dà la facoltà agli enti pubblici, Regione compresa, di esporre la bandiera del Friuli, ufficializza il suo via libera: «Non vedo perché non metterla anche a Trieste». Insomma, fatta la legge (pur tra le proteste triestine), la si applichi fino in fondo.
«Non è un obbligo - rimarca l’assessore con delega alle minoranze linguistiche -, ma mi pare che non debba nascere un caso su un vessillo del Friuli a Trieste». In piazza Unità? «O magari nella sede del mio assessorato in via Milano, non vedo alcun problema». Quello che conta, conclude Torrenti, «è che questo momento di festa possa servire a raccontare una parte di storia che non conoscono. Anzi, mi pare che le conoscenze siano spesso molto modeste ed è quanto mai conveniente incrociare le storie delle diverse parti del territorio».
L’aquila non crea imbarazzi, dunque. E pazienza se volteggerà fuori dai suoi luoghi di riferimento. Tra l’altro la legge ha stanziato 10mila euro per il 2015 a favore di tutti gli enti locali, nessuno escluso, che faranno richiesta di bandiera storica. «Ciascuno deciderà come crede, ma non vedo perché non ci dovrebbe essere il 3 aprile una bandiera pure nel palazzo della Regione», dice anche il presidente di piazza Oberdan Franco Iacop. E, come lui, il vicepresidente Igor Gabrovec, esponente della minoranza slovena: «Valuteranno i sindaci, ma perché dire di no?».
Gabrovec ricorda del resto che la legge 27/2011 che dettava disposizioni sull’uso delle bandiere della Repubblica italiana, dell’Unione europea e della Regione, «già prevedeva l’esposizione sugli edifici pubblici comunali delle bandiere delle comunità di riferimento dei gruppi linguistici Fvg». Certo, «a Trieste la presenza friulana non è riconosciuta, ma non poniamo limiti - aggiunge il consigliere regionale -. Anzi, sarebbe anche opportuno prevedere che lo stesso palazzo del Consiglio, che già ha una targa quadrilingue, esponga oltre a quella friulana pure le bandiere slovena e tedesca». Si tratta, secondo Gabrovec, «di un’aggiunta di simboli che arricchirebbe l’identità della regione senza arrecare danno a nessuno. Se ciò crea conflitti, credo sia un problema di chi prova fastidio, non certo della comunità».
Uno che in realtà non riesce a digerire è Roberto Dipiazza. «O son diventato matto oppure è impazzita la politica», dichiara l’ex sindaco lamentandosi di due giorni d’aula tra “Fieste” e commissione regionale pari opportunità. «Pur non entrando nel merito della ”estrema” importanza di queste tematiche - ironizza l’ex sindaco -, basta mettere la testa fuori dal Palazzo per accorgersi che il mondo sta franando, le famiglie sono in difficoltà, i giovani non trovano lavoro, la gente sta male e chiede soluzioni alla politica». Di «iniziativa irrispettosa delle priorità e fuori dal tempo, con tutti il rispetto per identità, storia e cultura» parla anche Un’Altra Trieste. «Se c'è un modo per avvalorare la tesi sull'inutilità delle Regioni – affermano Franco Bandelli e Alessia Rosolen – aggiungiamo all’elenco anche una norma che fa parte di una stupida visione che contrappone parti diverse della società per rafforzarne, di volta in volta, una o l'altra». Critici anche i consiglieri triestini M5S. «Riteniamo scandaloso - affermano Paolo Menis e Stefano Patuanelli - che la Regione usi i soldi dei contribuenti per provvedimenti che possono essere serenamente definiti “elettorali”, delle vere e proprie “marchette politiche” che hanno veramente stufato».
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