L’Aquario di Trieste mostra i suoi 90 anni: altro mezzo milione e almeno due mesi di lavori

L’edificio datato 1933, a contatto con l’acqua marina, presenta più magagne del previsto: la riapertura a inizio estate
L'Aquario recintato per lavoro. Foto Bruni
L'Aquario recintato per lavoro. Foto Bruni

TRIESTE Le vecchie ossa dell’Aquario, chiuso per restauro, hanno bisogno di rafforzare la terapia riabilitativa.

Lo scorso agosto si era detto che la nuova edizione di uno dei più visitati musei triestini (nell’ultimo anno “normale” 54.000 presenze) sarebbe stata approntata per l’autunno, invece, una volta svolto il cosiddetto “strip out” (in italiano si può rendere con demolizione selettiva) degli interni, i tecnici e le aziende esecutrici (Innocente & Stipanovich, Balsamini) hanno capito che il progetto riqualificativo aveva necessità di un “rinforzino”.

Il Comune ha trovato 500.000 euro per provvedere a una variante, che consentirà un intervento più radicale su una struttura sorta all’inizio degli anni Trenta: l’assessore Elisa Lodi annuncia dai 2 ai 3 mesi di lavori, che dovrebbero permettere la riapertura dell’Aquario - al netto di implicazioni pandemiche - alla fine di giugno, in tempo per acchiappare l’auspicabile ripresa turistica estiva.

Il direttore dei lavori, ingegner Aulo Guagnini, ricorda quanto si faccia sentire l’anagrafe quasi nonagenaria dell’Aquario, inserito nella preesistente Pescheria nel 1933: allora vennero costruite 26 vasche dotate di una capacità variabile tra i 17.000 e i 200 litri. Si trattò di un esperimento “pionieristico” per i tempi, nel quale si utilizzarono le prime preparazioni di cemento armato. I limiti di quella “sperimentalità”, a contatto con le particolari condizioni del sito («Abbiamo i piedi nell’acqua del mare», spiega celiando Guagnini), si sono sedimentati ed evidenziati nei decenni di attività museale. Il Comune aveva già appostato un primo lotto di opere da 600.000 euro nel 2017, poi ne decise un secondo da 900.000 euro, infine ritenne più conveniente e razionale unificare le due fasi attraverso una progettazione complessiva.

La civica amministrazione - come s’è detto - presentò il cantiere lo scorso 10 agosto, illustrando un investimento da 1,5 milioni: circa 1,1 milioni erano comunali, 415.000 euro furono ripescati nel Fondo Trieste. A questo punto, calcolando il mezzo milione “fresco” per la variante, il quadro economico complessivo detta un totale di circa 2 milioni.

In agosto il sindaco Dipiazza, gli assessori ai Lavori pubblici Lodi e alla Cultura Rossi, riepilogarono la complessità dell’operazione: pareti, pavimenti, soffitti, nuovo allestimento museale, impiantistica (elettrico, termofrigorifero, idrico, ricambio vasche). E soprattutto una nuova vasca “grande” (9 metri x 4,50 x 2) era programmata in quello che una volta era denominato “salone dei pinguini”, perché abitato dai vari Marco, Max, Lily, Zigo & Zago, Domino, Pulcinella, la cui presenza aveva caratterizzato la vita dell’Aquario. Adesso reperire pinguini è quasi impossibile stanti i vincoli internazionali che tutelano gli uccelli, quindi l’Aquario dovrà inventarsi un nuovo simbolo, anche per i gadget. —


 

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