L’applauso infinito di Trieste per l’addio a Matteo e Pierluigi

Una marea umana ha accompagnato dalla Questura alla chiesa di Sant’Antonio i feretri dei due poliziotti uccisi il 4 ottobre: un omaggio che è parso non finire mai
Foto BRUNI 16.10.2019 Funerali di Stato per i poliziotti uccisi in questura
Foto BRUNI 16.10.2019 Funerali di Stato per i poliziotti uccisi in questura

TRIESTE Due nuvole bianche in campo blu. Anche il cielo di Trieste, insolitamente primaverile, sembra voler rendere omaggio a Matteo Demenego e Pierluigi Rotta, mentre una folla come la città non vedeva da decenni attende l’arrivo dei feretri in Sant’Antonio Taumaturgo.

La morte dei giovani agenti di polizia nella sparatoria del 4 ottobre ha scosso i triestini; la partecipazione ai funerali solenni di ieri lo prova ancora una volta. Nella grande liturgia collettiva la comunità prova a superare il trauma, o almeno a renderlo sopportabile.

Attorno alle dieci del mattino sono centinaia le persone radunate davanti alla Questura, dove le bare sono custodite dalla camera ardente di martedì.



C’è l’anziano azzimato, in prima fila, che si sorregge sul bastone. C’è la madre che fatica a tenere a freno il bambino piccolo. C’è un capannello di donne della comunità cinese, vestite di nero.

A due passi le troupe televisive sono affannate nella consueta cronaca in diretta. Giornalisti d’agenzia e carta stampata vanno a caccia di dichiarazioni, mendicano un virgolettato che possa servire al racconto.

Davanti al teatro romano attende lo schieramento di polizia: motociclette, automobili, decine di agenti in fila ai lati della strada, libera dal traffico.

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In piazza Sant’Antonio, nel frattempo, è radunata una massa ancor maggiore. I poliziotti e le associazioni d’arma in formazione delineano uno spazio libero davanti alle colonne del tempio.

Il sole picchia su tutti con un calore inaspettato a metà ottobre. Un giovane agente, fermo sulla scalinata, accusa un malore e viene accompagnato via dal personale del pronto soccorso.

Trieste, la folla alle esequie degli agenti: «Siamo qui per onorare due fratelli, due di noi»
Foto BRUNI 16.10.2019 Funerali di Stato per i poliziotti uccisi in questura


Le famiglie di Rotta e Demenego arrivano per prime, scortate dagli agenti. Poi le istituzioni, civili e militari, e il mondo politico. Sfilano la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, il capo della Polizia Franco Gabrielli, il presidente della Camera Roberto Fico, il vicepresidente del Senato Ignazio La Russa e quello della Camera Ettore Rosato. C’è il ministro allo Sviluppo economico Stefano Patuanelli e buona parte della giunta regionale, guidata dal presidente Massimiliano Fedriga. Tanti anche i sindaci, oltre al triestino Roberto Dipiazza.

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Attorno alle 11 i feretri avvolti nel tricolore escono dalla Questura, vengono caricati sui carri funebri e scortati verso la chiesa. Il boato dell’applauso li accoglie e li segue percorrendo le ali di folla fino a Largo Riborgo e in via San Spiridione.

È così che li sentono arrivare, in piazza Sant’Antonio: dal rombo che sale sempre più forte lungo la strada ed esplode nel momento in cui i feretri vengono scaricati dai carri davanti alla chiesa. La tromba squilla il Silenzio nell’aria, poi gli agenti prendono in spalla le bare e salgono le scale, accolti dal tuono del grande organo di Sant’Antonio.

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L’arcivescovo Giampaolo Crepaldi officia la messa nella chiesa gremita di gente fino in fondo alla navata. L’audio della celebrazione viene trasmesso anche all’esterno: la folla che attendeva lungo la strada è confluita nella piazza, che ora è un mare di teste.

All’alto prelato tocca il compito non facile di cercare il senso dopo l’insensato, la «follia omicida, spropositata e crudele» di cui parla all’inizio dell’omelia.

Racconta Crepaldi, rivolgendosi agli agenti nelle bare: «Carissimi Matteo e Pierluigi, prima che lasciate questa città è bene che sappiate un'ultima cosa. Per un caso fortuito, un giorno della settimana scorsa, di primo mattino, ho incontrato i genitori di Matteo davanti al palazzo della Curia vescovile. Ieri pomeriggio (martedì, ndr), quando siete giunti in Questura, ho incontrato i genitori di Pierluigi». Il religioso ricorda l’abbraccio con le famiglie e prosegue: «Mentre confidavo che, come vescovo, mi ero particolarmente dedicato a pregare per voi e per loro, estrassi dalla tasca la corona del rosario che porto sempre con me e la donai alle vostre mamme. Loro, con le lacrime agli occhi come la Mater dolorosa ai piedi del Figlio crocifisso, dopo avermi ringraziato, mi hanno detto: “Noi abbiamo tanta fede”».

Grazie alla «singolare confessione» delle mamme di Demenego e Rotta, che in quel momento lo guardano dalla prima fila, giunge alla conclusione che «il buio tenebroso della vostra morte che aveva avvolto tutti e tutto era stato squarciato dalla luce, pur tenue e tenera, di una stella, la stella della fede». È questa che «aiuta ad andare avanti nonostante tutto perché, nel mistero della comunione dei santi, ci permette di restare uniti ai nostri cari, sapendoli in compagnia del Signore e finalmente nella pace».

Prende poi posto sul pulpito Giuseppe Petronzi, il questore di Trieste: «Nessuna parola può lenire il dolore della perdita», dice. Il suo discorso (maggiori particolari, come per l’omelia del vescovo, a pagina 4, ndr) è seguito con le lacrime agli occhi dalle centinaia di poliziotti presenti. Sull’ultimo, affettuoso saluto la voce del questore si rompe: «Saluto la volante 2 alla sua ultima uscita con le stesse parole dei nostri figli delle stelle: dormite tranquilli che ci siamo noi». Il questore e il vescovo si abbracciano al termine del discorso.

Il dirigente di polizia Davide D’Auria legge poi la “preghiera del poliziotto” a San Michele Arcangelo, patrono del corpo.



Dopo la celebrazione dell’eucaristia, missa est. I feretri di Pierluigi e Matteo vengono portati dai colleghi verso l’uscita, accompagnati dal dolore annichilente delle famiglie, delle fidanzate, degli amici. Molte persone allungano una mano per toccare le bare.

Dalla penombra della chiesa i feretri approdano al pronao inondato di luce. Risuona ancora una volta l’applauso della folla riunita nella piazza. Durante la celebrazione sembra essere aumentata anziché diminuita.

I due agenti della Polizia di Stato Pierluigi Rotta e Matteo Demenego lasciano così la città che avevano adottato. I loro corpi verranno portati nelle terre d’origine, dove saranno celebrate seconde esequie per permettere anche ai concittadini di piangerli.

Una Trieste ancora frastornata per la loro morte li ha salutati con tutto il cuore che ha saputo trovare. Ed è stato tanto. Forse perché i due giovani poliziotti, che soltanto poche settimane fa avevano salvato un ragazzo convincendolo a non uccidersi, le han ricordato che nulla va mai dato per scontato. Come recita una canzone a loro nota, non c’è tempo di fermare questa corsa senza fine che ci sta portando via. —


 

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