L’appello per Giulio Regeni degli ex della politica

Dipietro: «Togliere lo striscione dal Municipio equivale a umiliare i triestini». Martelli: «La memoria va sempre alimentata»
Bandiere a mezz'asta e listate a lutto sul Municipio di Fiumicello
Bandiere a mezz'asta e listate a lutto sul Municipio di Fiumicello
TRIESTE Emanuele Macaluso ha detto «sono sbalordito». È una reazione comune ai grande vecchi della politica. Si stupiscono anche Pierluigi Castagnetti, Antonio Di Pietro, Mario Segni di fronte alla decisione del Comune di Trieste di rimuovere lo striscione per Giulio Regeni, pensato per tenere viva l'attenzione sul ricercatore ucciso in Egitto a inizio anno. L'ex democristiano, già segretario del Partito popolare italiano, usa anche parole molto dure nei confronti dell’amministrazione Trieste: «Un passaggio deplorevole, direi vergognoso, oltre che privo di senso politico. Non si riesce a capire perché il sindaco e la sua maggioranza non colgano il significato simbolico di quello striscione, tanto più in una città con cui il ragazzo aveva avuto legami importanti».
 
 
 
 
Così anche Di Pietro non trova giustificazioni alla cancellazione di un messaggio di solidarietà «che certo non imbratta Trieste ma, riguardando un uomo barbaramente assassinato, la nobilita». L'ex magistrato e politico si dice per questo «dispiaciuto per i cittadini costretti a subire una umiliazione». E pure Mario Segni, ritagliando uno spazio nel suo impegno per il Sì al referendum costituzionale, osserva: «La battaglia per sostenere la verità per Regeni travalica parti, partiti e singoli, noi italiani dovremmo essere tutti d'accordo. Non conosco i veri motivi che hanno spinto il sindaco a togliere lo striscione dalla facciata del municipio, ma mi sembra un atto incomprensibile». 
 
Interviene sulla vicenda anche Claudio Martelli. «Di misteri irrisolti in Italia ne ce sono tanti, ma nulla c’entrano con questo caso - commenta lo storico esponente del Partito socialista -: insistere nel chiedere la verità del fatti all'Egitto è doveroso. E dunque, finché non sarà stata resa giustizia a Regeni, non si deve correre il rischio di dimenticare quella morte. Negli Stati Uniti, quando ci sono soldati dati per dispersi, è abitudine che le città d'origine li ricordino con un fiocco giallo. Ma anche nel nostro paese, in vari palazzi di giustizia, ci sono le effigi di Falcone e Borsellino. La memoria va sempre alimentata».
 
 
 
 
Il rischio assuefazione di cui parlava il centrodestra? «Giustificazione paradossale, l'assuefazione nasce dall'oblio, non dal ricordo. Bene ha fatto la Regione a ricollocare la scritta in piazza Unità». L'assuefazione non convince nemmeno il giornalista Luca Sofri: «Non è una motivazione che regge, né questa né altre. Di fronte a situazioni del genere, sensibilità e attenzione a come ci si muove sono d'obbligo. Chi ha rimosso lo striscione se n'è dimenticato, e nulla c'entra il fatto che si possa pensare che lo striscione non serve. Tutte le manifestazioni di opinione si fanno pensando di influenzare gli interventi delle istituzioni in modo da ottenere un risultato. L'appello per Regeni è un modo per dire che agli italiani interessa arrivare alla verità». 
 
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