L’appello della Fondazione Luchetta alla città di Trieste: «Costi ormai insostenibili, aiutateci di più»

La preoccupazione di Daniela Schifani Corfini, presidente della onlus: è già stato necessario ridurre alcune attività

Francesco Codagnone
Daniela Schifani Corfini, presidente della Fondazione Luchetta
Daniela Schifani Corfini, presidente della Fondazione Luchetta

TRIESTE Si dice che tante gocce fanno un mare, e mai come nel nostro caso posso testimoniare quanto questo sia vero. Più di 800 bambini sono stati accolti e curati grazie alle tante “gocce” arrivate in questi anni». Chissà cosa fanno oggi, e chi sono diventati, quei bambini. Alcuni avranno più di trent’anni, ormai. Avranno avuto figli a loro volta, una famiglia, una casa, un lavoro. Se ci si sofferma a pensare a queste infinite possibilità, a fantasticare sulle vite di quei bambini, forse è possibile capire quanto straordinario sia stato il lavoro svolto della Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin negli ultimi 28 anni: ridare speranza a quei bambini che non ne avevano più.

La sede di via Valussi a Trieste
La sede di via Valussi a Trieste

E se questo è stato possibile, è stato grazie ad una città che non ha mai smesso di sostenerli. Più di 800 bambini. Il primo è stato Zlatko, simbolo della guerra che ha falcidiato i Balcani. Era rimasto ferito il 28 gennaio del ’94, quel giorno che chiunque a Trieste ricorda terribilmente bene: il giorno in cui a Mostar una granata si portò via Marco Luchetta, Alessandro Saša Ota e Dario D’Angelo, troupe della Rai. Erano lì per testimoniare la tragedia che stava divorando i bambini della Bosnia. E lì, in una giornata di “ordinaria” guerra, sono morti, facendo da scudo con il proprio corpo al piccolo Zlatko, di quattro anni. Zlatko arrivò a Trieste sei mesi dopo, assieme alla madre, grazie alla Fondazione. Sono passati 28 anni da quel giorno. Anni in cui la Fondazione ha aiutato centinaia di bambini come Zlatko, feriti in guerra o affetti da malattie non guaribili nei loro paesi d’origine, curandoli e ospitandoli a Trieste. «Negli anni, sono state tante le storie raccontate da quei bambini.

Dalla Bosnia alla striscia di Gaza, dall’Afghanistan all’Ucraina. Bambini feriti, malati, spaventati, eppure pronti a lottare» racconta Daniela Schifani Corfini Luchetta, presidente della Fondazione. «Quando hai davanti un bambino che ti chiede aiuto, fai qualsiasi cosa per aiutarlo. Vi chiedo: aiutateci ad aiutarli. È il solo modo per cambiare il mondo». Quest’anno sono 54 le persone già ospitate dalla onlus, di cui 16 bambini, perlopiù dal terzo mondo e dai Balcani. Per loro la Fondazione si fa carico di ogni spesa relativa a viaggi, trasferimenti, cure mediche, e ospitalità, mettendo a disposizione quattro case di accoglienza per un totale di 64 posti letto.

«Chi l’avrebbe detto che, a distanza di anni, avremmo aiutato così tante persone: 811 bambini e 1203 famigliari». Una «straordinaria umanità», resa possibile dal sostegno dei cittadini di Trieste. È importante ricordare, infatti, che la Fondazione non riceve alcun contributo pubblico per le sue attività di accoglienza. Fino a oggi è riuscita a garantire i propri servizi basandosi, oltre che su gare e 5 per mille, soprattutto su elargizioni e lasciti testamentari, che costituiscono appunto circa la metà delle entrate della onlus. Un supporto «generoso» da parte della città, tuttavia non più sufficiente a compensare i costi che la onlus è chiamata a sostenere. Tanto che la Fondazione, a metà anno, si è trovata costretta a ridurre alcune attività, come il Banco alimentare. In questo momento di forte incertezza, la Fondazione ha dunque bisogno «della sua Trieste, e di tutte le persone che in questi anni l’hanno sostenuta». Ne ha bisogno per continuare ad accogliere e ridare speranza a chi, spesso, non ne ha più. Per continuare a curare bambini e bambine e supportare intere famiglie in sofferenza.

«Quel giorno del ’94 la mia vita è cambiata per sempre. Negli anni, però, ha smesso di essere la mia storia, o quella di Marco: è la storia di una città, di una comunità, e della sua solidarietà. Lo vedo negli occhi delle persone che incontro per strada, orgogliose che da quel dolore sia nata la speranza. Lo vedo negli occhi dei tanti bambini che in questi anni abbiamo aiutato e che, con il sostegno di Trieste, potremmo ancora aiutare». — © RIPRODUZIONE RISERVATA

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