L’antico mistero dell’Isola d’Elba un lazzaretto tra il Torre e l’Isonzo

TURRiACO
Turriaco ha un’isola di proprietà comunale. È una porzione di terreno chiamata Isola d’Elba, molto bella, sia la si guardi dal punto di vista naturalistico, sia da quello della toponomastica e sembra pure ammantata da una storia alquanto misteriosa. L’isola si trova fra i fiumi Torre ed Isonzo, confina a nord con il Comune di Ruda e a sud con il Comune di Fiumicello. Nella descrizione di confini della Sotto Comune di Turriaco fatta dal geometra catastale Giuseppe Savini nel 1819 si rileva: “... da questo luogo il confine volta a mezzo giorno sotto un angolo di 94° e per una linea retta di Klafter 517 (un Klafter antica unità di misura tedesca, corrispondeva da 1,82 metri) arriva ad un termine posto fra due rami dell’Isonzo nella boschina ove dicegli l’Isola d’Elba... Questa isola, descritta già nel Catasto Napoleonico del 1811, il cui nome potrebbe avere qualche analogia o richiamo con l’isola d’Elba del Mar Tirreno, di napoleonica memoria. Anche se per questo fatto divenne famosa solo dopo il 1814, anno in cui Napoleone venne relegato”.
Vista la posizione estranea all’abitato e di difficile accesso, potrebbe essere stata usata dai francesi negli anni della loro occupazione come campo militare o di detenzione per dissidenti contrari al regime. Il fatto che una porzione di territorio comunale di Turriaco si trovi attualmente di là dell’Isonzo induce ad un’ulteriore considerazione. Il toponimo richiama ad un luogo di isolamento e forse, come detto, di detenzione. Si potrebbe supporre, ma il condizionale e d’obbligo, che nei secoli bui della nostra storia l’isola fosse un luogo in cui persone prive di reddito e quindi escluse dal processo produttivo vi fossero confinate, costrette a vivere in capanni di paglie e baracche fatiscenti. Si può pensare pure che in periodi di emergenza come quelli di epidemie di colera e di altri accidenti l’isola venisse usata come luogo di isolamento per contenere il propagarsi di malattie contagiose e altre pestilenze. I confini delle comunità presero a formarsi nel periodo tardo-medievale quando le grandi estensioni iniziarono dall’800 al 1300 a frazionarsi in proprietà minori della chiesa e dei Comuni. Quando cioè il sistema idrografico del territorio era ancora instabile per il vagabondare dell’Isonzo. Alla ricerca di nuovi sbocchi senza argini che lo imbrigliassero, il fiume, dopo la grande alluvione del 1490, si aprì nella pianura bisiaca un nuovo alveo che divise il territorio di Turriaco, come quello della Pieve di San Pietro; il pievano Mathias de Antivari dovette rifugiarsi a Villesse. Da un corso pedecarsico di romana memoria l’Isonzo, dopo la grande alluvione, si era creato uno nuovo, che corrisponde grossomodo a quello che vediamo oggi. Dopo la costruzione degli argini attuali fatti nel 1770, parte del territorio che costituiva l’antica area pertinente al comune di Turriaco, fin dal Medioevo, di fatto veniva divisa dall’alveo dell’Isonzo, ultra Sontium cioè aldilà dell’Isonzo se vista da Turriaco. Le linee di confine furono segnate dai regi agrimensori catastali anche tra alberi secolari e che una volta tagliati resero difficile se non impossibile la rintracciabilità. L’area fu oggetto di sconfinamenti da parte degli abitanti dei paesi limitrofi con incursioni, ruberie di legname, animali e pascoli illegali.—
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