TRIESTE Custodisce il Dna del nostro paesaggio rurale. È uno dei primi esempi di manifattura umana, presente in quasi tutte le regioni italiane, sia per fini abitativi che agricoli, sempre realizzata in perfetta armonia con l'ambiente circostante, e per questo simbolo di una relazione armoniosa fra uomo e natura. Diversi concetti, ma che possono essere ricompresi in un'unica parola: “arte”. Ed è proprio come forma di arte che l'Unesco ha iscritto la pratica rurale dei muretti a secco - quelli che conosciamo bene in questi territori, dal Carso alla Croazia - nella lista degli elementi immateriali dichiarati Patrimonio dell'umanità. L’Organizzazione dell’Onu per l’educazione, la scienza e la cultura si è congratulata, tramite il proprio profilo Twitter, con gli otto Paesi europei che tempo fa avevano presentato la candidatura: oltre all’Italia ci sono Cipro - Paese capofila - Croazia, Francia, Grecia, Slovenia, Spagna e Svizzera.
Il riconoscimento, ha commentato il ministro delle Politiche agricole e del turismo
Gian Marco Centinaio
, conferma «ancora una volta» come i valori dell'agricoltura siano «riconosciuti come parte integrante del patrimonio culturale dei popoli». E premia al tempo stesso, secondo la Coldiretti, «il lavoro di generazioni di agricoltori impegnati nella lotta al dissesto idrogeologico provocato da frane, alluvioni o valanghe». È un bene che «valorizza ancora di più l'unicità del nostro territorio», ha commentato
Michele Emiliano
, il presidente della Regione Puglia, che si era fatta promotrice di questa candidatura assieme ad altre regioni. In Italia infatti i muretti a secco sono ben presenti in Friuli Venezia Giulia così come in varie altre aree, tra cui Puglia, Calabria, Sardegna e Sicilia, Campania, Lombardia, Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria, Trentino Alto-Adige, Veneto, Toscana, Lazio.
«L'arte del “Dry stone walling” riguarda tutte le conoscenze collegate alla costruzione di strutture di pietra ammassando le pietre una sull'altra, non usando alcun altro elemento tranne, a volte, terra secca», spiega l'Unesco nella motivazione del provvedimento. I muretti a secco «sono sempre fatti in perfetta armonia con l'ambiente, e la tecnica esemplifica una relazione armoniosa fra l'uomo e la natura». E inoltre «svolgono un ruolo vitale nella prevenzione delle slavine, delle alluvioni, delle valanghe, nel combattere l'erosione e la desertificazione delle terre, migliorando la biodiversità e creando le migliori condizioni microclimatiche per l'agricoltura».
È una antica pratica che tuttavia sta scomparendo, a causa della mancanza di manodopera specializzata. Per questo sono nate diverse scuole sul territorio nazionale che cercano di preservarne la millenaria cultura artigiana. Un esempio si trova in Trentino. La Scuola trentina della pietra a secco, istituita nel 2013 all'interno dell'Accademia della Montagna, è composta da un gruppo di lavoro che include diverse figure professionali - dal maestro artigiano al geometra, dall'architetto all'ingegnere. Ma la tecnica del muretto a secco sta scomparendo anche per la sempre più diffusa “professione” dei cosiddetti “ladri di pietre” che sottraggono i pezzi che costituiscono i muretti e li rivendono poi per usi edilizi privati.
La candidatura dell'arte dei muretti a secco per quanto riguarda l’Italia è stata portata avanti dal ministero delle Politiche agricole e del Turismo, in sinergia con il ministero degli Esteri e la Commissione nazionale Unesco. —