L’antica biblioteca di Sarajevo rivive con i soldi del Qatar
BELGRADO. Una vittoria della conoscenza sulla violenza e sull’ignoranza, un’implicita sconfitta di chi ha usato e usa le armi per cancellare non solo la diversità etnica e religiosa, ma anche i libri di culture considerate inferiori. Ed è allora proprio una buona notizia, quella in arrivo da Sarajevo. Sarajevo dove la “Gazi Husrev-begova biblioteka” (Ghb), la più antica biblioteca del Paese, ha trovato ieri una nuova casa, nel cuore della capitale bosniaca.
Una casa con spazi di studio, lettura, sale conferenze, auditorium, museo e stanze per il restauro, scaffali pronti a ospitare fino a 400mila libri, grande 7mila metri quadri, in stile moderno ma rispettoso della tradizione, finanziata totalmente da donazioni pari a nove milioni di dollari elargiti dal governo del Qatar. Una casa aperta ieri al pubblico con una solenne cerimonia. È un «grande giorno per la comunità musulmana della Bosnia-Erzegovina», un «sogno che si realizza» dopo un’attesa durata decenni, ha esultato il Gran Mufti Husein Kavazovi„. «È un onore essere qui», gli ha fatto eco durante i discorsi ufficiali il membro bosgnacco della presidenza tripartita, Bakir Izetbegovi„. Un onore perché «questo edificio è un messaggio ai distruttori di città e di libri, che il male e l’odio non trionferanno mai».
Un odio, quello manifestato dagli aggressori durante il conflitto degli Anni Novanta, che era focalizzato anche contro il carattere multietnico e la “superiorità” culturale di Sarajevo. Ma non hanno vinto. «Nel raggio di qualche centinaio di metri», ha ricordato Izetbegovi„, si ergono ancora «la moschea di Gazi Husrev-beg, la cattedrale cattolica, la chiesa ortodossa, la vecchia sinagoga», simboli della «convivenza che qui, caso raro al mondo, dura da secoli».
Esagerazioni di un politico? Non è questo il caso. E lo dimostra la storia della biblioteca Gazi Husrev-beg, nata nel 1537 per volere di Gazi Husrev-beg - bey che fece prosperare Sarajevo -, come “addendum” alla famosa madrassa omonima. Biblioteca – quella nuova fiammante sorge sul luogo di quella primigenia - che fu spostata varie volte in città e che è rimasta in funzione, senza interruzioni, per 477 anni.
Al suo interno, oltre centomila libri e la più ampia collezione di manoscritti orientali dell’Europa sudorientale, tra cui migliaia di codici e incunaboli antichissimi, il più arcaico datato 1105, scritti in turco, arabo, persiano, bosniaco e in altre lingue slave. Preziosissime opere e memoria storica su carta di una nazione che rischiavano di essere spazzate via durante il conflitto degli Anni Novanta. Un rischio scongiurato, ricordano i documenti della Ghb, solo grazie al coraggio e all’impegno dei bibliotecari e dei sarajevesi.
«Nell’aprile del 1992», illustra il sito della Ghb, libri e manoscritti, «per ragioni di sicurezza» sono stati «spostati» e distribuiti in più punti della città stretta d’assedio dai serbo-bosniaci, contribuendo tale scelta a «preservare nella sua completezza» quel patrimonio dalle bombe e dalle granate che cadevano nel catino di Sarajevo. Manoscritti e libri nascosti in cartoni della frutta e poi trasferiti in una decina di luoghi più sicuri, col rischio della vita, da volontari, curatori e custodi, di corsa attraverso ponti e viali tenuti sotto tiro dai cecchini, ha raccontato un recente documentario sul salvataggio dei libri, “Ljubav prema knjigama”, prodotto dalla tv Al Jazeera.
«La vita di ogni uomo ha valore, ogni libro e ogni manoscritto hanno uguale valore» perché sono il simbolo e il risultato concreto di «una civiltà che appartiene a tutti noi», a prescindere da religione e appartenenza etnica, le parole convinte di Mustafa Jahi„, direttore della Gbh, davanti alle telecamere. Una civiltà che, a differenza della Gazi Husrev-beg, fu mortalmente ferita dalla distruzione dell’Orijentalni institut e di un’altra biblioteca, la celebre “Vijecnica”, attaccata dai soldati serbo-bosniaci con granate e bombe incendiarie nell’agosto 1992 e andata a fuoco assieme a un milione di preziosissimi libri. Biblioteca nazionale entrata finalmente nella fase finale del processo di ristrutturazione. E presto, dalla primavera inoltrata, tutti i sarajevesi e i tanti stranieri che visiteranno la città, magari in occasione dell'anniversario dell'attentato a Franz Ferdinand, potranno ammirare di nuovo, fuori e dentro, un altro simbolo della Sarajevo che fu.
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