L'anniversario: quarant’anni dal verme che valeva un Nobel
Il Caenorhabditis elegans è anche un modello straordinario per identificare i geni che regolano l'invecchiamento e quelli che prolungano la vita in condizioni di restrizione calorica.
Era quarant’anni fa, quando nel 1977 Robert Horvitz e John Sulston portarono a termine uno studio che avrebbe segnato l'intera epoca della ricerca molecolare e cellulare degli anni successivi. Studiando il verme Caenorhabditis elegans, descrissero in dettaglio tutti i passaggi che segnavano lo sviluppo delle diverse regioni dell'animale a partire dalla progressiva divisione di ciascuna delle sue cellule. Lo studio di C. elegans, un piccolo verme di circa 1 mm di lunghezza che si ciba di batteri, era stato proposto da Sydney Brenner, una delle figure mitiche della biologia molecolare, a Cambridge negli anni Sessanta.
Il verme è completamente trasparente e può essere guardato al microscopio. Si trova in due forme: una maschile, rara in natura, e una ermafroditica, che presenta un apparato riproduttivo sia maschile che femminile e può riprodursi autonomamente. Il verme si sviluppa in circa tre giorni e comprende esattamente 959 cellule nella forma ermafroditica e 1031 in quella maschile. Grazie a Horvitz e Sulston, ciascuna di queste cellule e tutti i loro progenitori sono conosciuti con precisione. Il cervello comprende 302 di queste cellule, le cui connessioni sono completamente mappate.
C. elegans fu anche il primo organismo di cui venne sequenziato l'intero genoma nel 1990, continuando a fornire informazioni fondamentali poi trasferite all'uomo. Nel verme fu originariamente descritto il fenomeno dell'apoptosi, il suicidio spontaneo e programmato delle cellule che è fondamentale nello sviluppo degli organismi ma rappresenta anche uno dei meccanismi alla base delle malattie degenerative. Sono 131 le cellule del cervello di C. elegans che muoiono per apoptosi durante lo sviluppo, un processo che è tuttavia essenziale. Le larve da cui gli organismi adulti derivano, se messe in condizioni in cui c'è poco cibo, possono sopravvivere per molti mesi anziché le normali due/tre settimane, rendendo C. elegans anche un modello straordinario per identificare i geni che regolano l'invecchiamento e quelli che prolungano la vita in condizioni di restrizione calorica.
Horvitz, Sulston e Brenner furono insigniti del Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia 2002.
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