Landini: Fincantieri come Fiat. Bono: stop ai fannulloni
Altri "casi Mirafiori" all'orizzonte non ce ne sono, però "Fincantieri è uscita da Confindustria a Genova e Gorizia. Il significato di questa operazione non è ancora chiaro, ma fatta in questo momento è una cosa sospetta". A lanciare l'allarme è il segretario generale della Fiom Maurizio Landini. Replica l’Ad Bono: "Il sindacato non difenda i fannulloni"
La Queen Elizabeth, costruita a Monfalcone
TRIESTE
Il sindacato «non deve difendere i fannulloni» e l’azienda «non è una nemica, è dei lavoratori, ma il sindacato vede l’azienda come una controparte permanente e non va bene». Anche le istituzioni «non devono essere sempre e comunque dalla parte del sindacato». L’ad di Fincantieri Giuseppe Bono, a margine di un incontro a Genova sui cantieri liguri, replica al segretario nazionale della Fiom Maurizio Landini che, sul Secolo XIX in un’intervista aveva detto che: «Dopo la Fiat ci proverà Fincantieri».
Un’analisi preoccupata del segretario dei metalmeccanici della Cgil di fronte alla decisione provocatoria dello stesso Bono, qualche settimana fa di uscire da Confindustria sia a Genova che a Gorizia dove ci sono gli stabilimenti di Monfalcone. Bono come Marchionne, una comunanza di intenzioni e atteggiamenti di due manager impegnati a vincere le sfide del mercato globale in un’epoca di crisi economica gravissima ed entrambi al lavoro su una diversificazione all’estero per entrare in nuovi mercati, in particolare negli Usa. E Bono da Genova ripete quello che in realtà sta dicendo già da molto tempo e sta raccomandando al sindacato, ai lavoratori ad ogni consegna di nave, ancor prima della crisi: più flessibilità e più produttività. «In Italia si dovrebbe ragionare come in altri paesi. Come in Germania – sostiene Bono – dove sono passati da 35 a 40 ore a parità di salario. Lavorano di più e non hanno i costi sociali che abbiamo noi».
L’ad di Fincantieri ripete: «Dobbiamo farci tutti un esame di coscienza» e ricorda che «la linea Marchionne è venuta fuori nel 2010, ma noi già nel 2008, quando abbiamo discusso dell’integrativo aziendale abbiamo posto certi temi. C’è un percorso che riguarda la nostra azienda: noi poniamo la situazione di mercato e della competitività a raffronto con tutte quelle condizioni che ci devono essere per restare sul mercato». Fincantieri ha firmato un accordo nel 2009: «Prima con Fim e Uilm – spiega da ultimo l’ad – e poi con Fiom. Ma tutto quello che ci aspettavamo non l’abbiamo raggiunto. Non solo i metalmeccanici, ma tutti lavoriamo 190 giorni sì e 170 no. Pensate che il Paese può andare avanti lavorando per metà anno sì e per l’altra metà no?».
Un fiume in piena l’ad di Fincantieri con i giornalisti che lo incalzano sulle frasi dette da Landini. Il segretario della Fiom parla di Fiat, ma sulla possibilità di «altri casi Mirafiori» punta diritto su Fincantieri dopo l’uscita da Confindustria. «Abbiamo avuto un segnale da Fincantieri, la società è uscita da Confindustria di Genova e Gorizia. Non so cosa voglia dire, ma la cosa mi preoccupa». Il segretario della Fiom risponde anche sul confronto Bono-Marchionne nella strategia di azione industriale: «Mi limito ad osservare che hanno deciso di dissociarsi da Confindustria. Dopodichè (per Fincantieri ndr) il significato di quest’operazione non è ancora chiaro. Dico solo che, fatta in questo momento, è una cosa sospetta. Uscire da Confindustria è una strada sbagliata per i diritti, le relazioni sindacali e il piano industriale».
«Marchionne – replica Bono – è uscito da Confindustria perchè voleva derogare dai contratti nazionali firmati anche da Confindustria. Noi non chiediamo di derogare, ma solo che la gente lavori. Da anni combattiamo su questo. Avete mai visto una presa di posizione sul tema? Se c’è stata a me è sfuggita». L’ad di Fincantieri sferza Confindustria: «O le associazioni funzionano oppure hanno altri scopi. Il Paese può permettersi ancora sovrastrutture che si reggono una con l’altra?»
«Se fossi al posto di Landini – chiude Bono – non mi preoccuperei di queste cose, ma delle situazioni aziendali e del mercato perchè sono quelle che incidono effettivamente sui lavoratori. Noi vogliamo che i nostri lavoratori diano quelle prestazioni e quella produttività che sono oggetto degli accordi stipulati. Se c’è crisi si perdono posti di lavoro indipendentemente da quale contratto si adotta»»
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