L’anatra e il virus dell’aviaria «Non c’è rischio per l’uomo»

Dopo il ritrovamento dell’esemplare in Valle Artalina risultato positivo all’influenza gli esperti chiedono di non fare allarmismi e proseguono nell’opera di monitoraggio
Di Ciro Vitiello
Bonaventura Monfalcone-25.01.2015 Visita per l'osservazione della oche selvatiche-Isola della Cona-Staranzano-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-25.01.2015 Visita per l'osservazione della oche selvatiche-Isola della Cona-Staranzano-foto di Katia Bonaventura

STARANZANO. Sono sempre in allerta le aree naturalistiche delle Riserve regionali, in particolare Cona e Valle Cavanata, dopo che il 30 dicembre scorso l’Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Venezie di Padova, sede del Centro di referenza nazionale per l’aviaria, ha confermato una positività per virus influenzale tipo A, sottotipo H5N5 su un esemplare di fischione-Anas penelope (detto “ciosso” nel dialetto veneto; “cioss” in bisiaco), trovato morto a Grado, nella Valle Artalina.

«Durante un normale controllo della fauna selvatica da parte mia e della Forestale abbiamo trovato l’animale», racconta Ferruccio Polo, responsabile della gestione della valle. Era una morte naturale, non era stato colpito da qualche cacciatore. «Siccome era integro la Forestale ha voluto farlo analizzare», aggiunge Polo. Una consuetudine confermata anche dal professor Mauro Delogu, docente al Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università di Bologna, uno dei massimi esperti nazionali in materia, che da oltre due anni specie all’Isola della Cona esegue prelievi sui volatili. «Nei piani di monitoraggi nazionali sull’influenza - dice Delogu - è prevista anche la raccolta degli animali trovati morti e portati agli Istituti zooprofilattici. Per il ministero si chiama “sorveglianza passiva”. In genere si utilizza quando si tratta di morti sospette».

L’esperto chiede di non fare allarmismi: «Oggi si confonde il termine aviaria tra i virus scoperti negli uccelli e quelli dell’aviaria del 2005, che invece erano virus capaci di aggredire l’uomo. In questo caso al massimo potrebbe colpire il pollame e comunque rimane confinato tra gli uccelli selvatici ed eventualmente tra gli animali domestici». Quindi nessun tipo di trasmissione all’uomo? «Vorrei innanzitutto tranquillizzare. Salvo prova contraria, direi proprio di no, si diffonde - spiega l’esperto - solo tra animali selvatici. L’unico virus H5 capace di fare questo, dimostrato a oggi è solo l’H5N1, quello del 2006-2007 di Hong Kong». Il monitoraggio quindi si sposta sulle riserve naturale popolate da migliaia di uccelli. «L’anno scorso abbiamo effettuato monitoraggi sulla ricerca sull’ecologia dei virus, essendo quest’oasi molto adatta perché è una via di incroci di migratori verso l’Est Europa e strategica per noi - racconta Delogu - Abbiamo campionato centinaia di anatre selvatiche, indagini e il sottotipo incriminato H5N5 non era mai presente. L’ultimo campionamento è stato fatto il 20 dicembre, abbiamo analizzato tutti il materiale prelevato da germani reali che vivevano alla Cona, inanellati, liberi, soggetti selvatici che rivengono temporaneamente catturati, erano anch’essi negativi».

Come spiegare dunque il caso del fischione della valle Artalina? «Per l’animale trovato a Grado, con molta probabilità non si tratta neanche di un virus nell’area della riserva, ma proveniente dall’Est Europa - sottolinea Delogu - associato anche ai cambiamenti climatici di questi giorni, con l’abbassamento drastico delle temperature». Ecco che il direttore della Stazione Biologica della Cona, Fabio Perco, naturalista e docente universitario di Veterinaria, si concentra sul pericolo di possibili morie nell’ambito di allevamenti e l’ipotesi, già a suo tempo ventilata da alcuni ma fortunatamente non verificatasi, di una mutazione dei virus aviari ad alta patogenicità, mediata dagli allevamenti intensivi, tale da superare prima la barriera animale-uomo. «Uno scenario apocalittico, finora smentito dai fatti, che dovrebbe invitare a non diffondere inutili ed infondati allarmismi, come già avvenuto una decina di anni or sono. Quali sono le vittime causate dai virus? Gli stessi uccelli acquatici selvatici - spiega Perco - I virus se altamente patogeni, uccidono direttamente l’animale infetto. Un meccanismo di auto-selezione: uccidendo l’ospite, che in natura vive comunque a concentrazioni basse il virus elimina anche la possibilità di diffondersi. Diverso è il rischio negli allevamenti intensivi».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo