L’altare che “parla” di villa de Fabris

Nella struttura lignea impressi i nomi dei soldati che occuparono il sito prima e dopo Caporetto. Una ricerca li fa rivivere

SAN CANZIAN. Nella cappella della settecentesca villa dei marchesi de Fabris a Begliano si conserva un curioso altare ligneo con una bella iscrizione incisa in caratteri capitali, come spiega Christian Selleri, studioso della Sezione isontina della Società friulana di archeologia che si sta dedicando alla ricerca. Sotto la mensa e dietro le colonne che la sostengono si legge: “Errichtet im Weltkrieg 1914-191 im K. u. K. Reservespital Csáktornya Unter der Regierung S. M. Kaiser und König KARL’s”. Cioè “Costruito durante la Guerra Mondiale 1914-191... nell’Imperiale e Regio ospedale di riserva Csáktornya, sotto il Regno di sua maestà l’Imperatore e re Carlo” . La località citata in ungherese come Csáktornya è Cakovec in Croazia, vicino al punto in cui Slovenia, Croazia e Ungheria si incontrano. Che cosa ci fa l’altare di un ospedale militare di Cakovec a Begliano?

Prima di Caporetto Villa Fabris era stata occupata dal Regio esercito Italiano e trasformata in un ospedale da campo. Il 28 ottobre 1917 il territorio di Monfalcone fu occupato dall’Isonzo-Armee del Generaloberst Borojevic: la villa cambiò nuovamente “padrone”, ma rimase un ospedale. Il K.u.K. Reservespital Csáktornya venne quindi trasferito dall’Ungheria al paese bisiaco, dove rimase a disposizione dei feriti de Piave. L’altare restituisce intanto i nomi del comandante dottor Emil Vitaliani e del capo contabile Ferdinand Nauta. È stato possibile ricostruire le loro carriere militari fino al 1914 grazie agli elenchi descrittivi accuratissimi di tutti i reparti dell’esercito austro-ungarico e dei loro ufficiali. Anche il nome del cappellano militare trova il suo posto sulla bella iscrizione: si chiamava Lajos von Kun ed era quindi ungherese. Sull’altare compaiono infine i nomi di quattro soldati, quelli dei quattro artigiani che hanno realizzato l’opera. Appartengono a quattro distinti reggimenti del grande e variegato esercito austro-ungarico. Durante le ricerche, Selleri si è imbattuto in una feldpost spedita da Begliano nel 1918 e messa in vendita online da una casa d’aste di Budapest. Dopo l’acquisto e l’analisi della cartolina, è emerso il nome di un altro personaggio fondamentale per l’ospedale di Begliano: la capoinfermiera. Si chiamava Annuska (diminutivo di Anna) e il 18 maggio spedì la feldpost con i suoi saluti all’amica Moszkal Piroska di Diósgyor-Vasgyár vicino a Miskolc in Ungheria. Sulla cartolina compaiono il timbro del Reservespital Csáktornya e il nome di Begliano, a riprova di ciò che l’altare testimonia con la sua presenza. Nel frattempo l’autore dello studio è riuscito a mettersi in contatto con i pronipoti del comandante dell’ospedale, il dottor Vitaliani, sorpresi di avere notizie del loro bisnonno un secolo dopo la Grande guerra, mentre alcune associazioni ungheresi hanno chiesto di poter vedere l’altare.

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