Lady Spalato trascina in aula Mister Geox
di Laura Tonero
TRIESTE
Si giocherà in tribunale, il prossimo 2 febbraio, la battaglia legale avviata da una donna croata e che coinvolge Mario Moretti Polegato, il patron della Geox, della Diadora e il principale sponsor della scuderia di Formula 1 “Red Bull”. La causa civile che coinvolge il sesto uomo più ricco d’Italia, con un patrimonio personale attorno ai 2,3 miliardi di dollari, è stata redatta da un prestigioso studio legale di Trieste.
La protagonista Al centro della vicenda non ci sono brevetti copiati o questioni ereditarie ma una relazione tutta da definire che sarebbe finita in malo modo. A trascinare davanti a un giudice il patron della Geox è Jagoda Mise, cinquantenne originaria di Spalato, imprenditrice, proprietaria di considerevoli beni immobiliari, persino di un isola croata, e titolare di un visto illimitato per l’ingresso in Israele, Congo e Albania quando era difficile uscire dai confini dell’ex Jugoslavia. Vive tra Spalato, Ginevra e Trieste. Per lei Trieste è una seconda casa. La donna sostiene di aver avuto una relazione sentimentale di tre anni con Mario Moretti Polegato – sposato e padre di un figlio – accusandolo ora di averle mentito, di averla ingannata, di aver trattenuto alcuni suoi preziosi oggetti personali. Lo studio legale che la assiste chiede la condanna alla restituzione degli oggetti, ma pure l’accertamento di gravi danni psichici, fisici, biologici, esistenziali oltre al ristoro dei danni patrimoniali.
L’imprenditore Polegato - raggiunto telefonicamente – nega la versione della sua accusatrice, preferisce lasciar parlare i suoi legali pur commentando: «Sono vittima di un tentativo di ricatto». I difensori di Polegato, gli avvocati Renato Alberini del foro di Venezia e Giuseppe Iannaccone di quello di Milano, contestano radicalmente la veridicità e la verosimiglianza di quanto dichiarato dalla signora Mise e parte una diffida: «Questa è una causa civile infondata sia in fatto che in diritto – sostengono – oltre che priva di qualsivoglia elemento probatorio e cerca di nascondere, a dire il vero, in modo grossolano e maldestro un tentativo di estorsione ai danni del nostro assistito». Parole che paiono preludere una formale diffida o una denuncia per tentata estorsione all’indirizzo di Jagoda Mise.
Il tentativo fallito La citazione notificata lo scorso 17 settembre è stata preceduta da un tentativo di conciliazione in Camera di Commercio di Trieste e finito con un nulla di fatto. «Polegato – riferiscono Iannaccone e Alberini - ha sempre rifiutato accordi o mediazioni. Ci ha dato incarico di esperire ogni azione legale, anche in sede penale, per la tutela del proprio onore e decoro». Ne discende un’attitudine per nulla propensa a un’intesa, piuttosto a rilanciare colpo su colpo. Le prime indiscrezioni sulla causa civile sono apparse sulle pagine del quotidiano croato Slobodna Dalmacija. Ma finora nulla di questa vicenda è trapelato sui media italiani. Il presidente della Geox e la signora Mise – secondo il racconto della donna - si sarebbero conosciuti nel novembre del 2007 quando l’industriale era impegnato nell’apertura di alcuni corner della sua azienda in Croazia. «Da quel momento – racconta la donna - è iniziato da parte di Polegato un assiduo corteggiamento. All’inizio della nostra relazione Mario era un vero gentleman – ricorda -; mi ha raccontato di vivere un rapporto da “separati in casa” con la moglie e poi di essersene andato da casa. Con me faceva progetti per il futuro, mi aveva presentato alla sua segretaria personale e mi aveva rivelato l’intenzione di far insediare mio figlio alla vicepresidenza della Diadora».
Il rapporto «A riprova della serietà del rapporto – spiega Mise - nella primavera del 2010 Polegato mi aveva messo a disposizione un appartamento all’interno del residence San Marco a Conegliano. È lì che dopo la rottura del nostro rapporto io ho lasciato oggetti che per me hanno non tanto un valore materiale quanto affettivo». Raccontando di quei giorni passati tra il Veneto, Parigi e Trieste, la donna riferisce: «Gli volevo bene. Ricordo le nostre gite sulle colline di Vittorio Veneto a bordo della sua moto giapponese color giallo canarino, le nostre canzoni francesi e le nostre serate. Frequentavamo insieme personaggi del jet set internazionale che verranno chiamati a testimoniare. Non mi sarei mai aspettata un simile comportamento». Tutte circostanze che Moretti Polegato nega e anzi sfida apertamente la sua accusatrice. A conferma della relazione, Mise esibisce anche un centinaio di sms inviati a suo dire dall’utenza di Mario Polegato e conservati tutt’ora nella scheda dei suoi cellulari. Messaggi “piccanti” ma anche dai toni affettuosi. «In Veneto nevica – si legge in un sms inviato il 19 dicembre 2009, alle 20.03, dalla presunta utenza del cellulare di Polegato – il mio desiderio ora è quello di coccolarti in un morbido lettone». «Mi lasci il profumo della tua intimità e poi scappi» si legge invece in un sms datato 17 maggio 2010, ore 18.31. «Sono stata convinta e illusa sui sentimenti – afferma Mise - contavo su quanto mi veniva detto e promesso. Sono stata persino portata a vedere la nostra futura casa a Crocetta di Montello (Tv)». La sontuosa residenza settecentesca in stile palladiano alla quale la Mise fa riferimento è Villa Sandi, che oggi ospita la sede dell’azienda vitivinicola della famiglia Polegato. Non parliamo dunque di un’abitazione, ma di un’architettura di rappresentanza, dove i fratelli Polegato tengono riunioni, cene di gala, feste. Difficile immaginare villa Sandi, per chiunque l’abbia visitata, come luogo da abitare.
La decisione La rottura – sempre secondo la versione di Mise - sarebbe avvenuta un anno fa: dopo una lite furibonda lei lascia l’Italia, lui la tempesta di telefonate. «A fine giugno dello scorso anno mi aveva chiesto di raggiungerlo a Montecarlo – riferisce - ma in quell’occasione Polegato si è presentato con la moglie. Lì ho capito che mi aveva raccontato un mucchio di menzogne, che quanto mi aveva riferito erano solo storie inventate allo scopo di trarmi in inganno. Lui si è giustificato dicendo che quella situazione era dovuta alla mera convenienza visto che la moglie è console onorario di Montecarlo a Venezia». In pochi mesi il rapporto precipita e durante un litigio la Mise – come racconta lei stessa - getta le chiavi dell’alloggio di Conegliano in faccia a Mister Geox. È dopo quello sfogo che la donna, rientrando a Trieste, decide di rivolgersi a un legale per chiedere la restituzione delle sue cose. «Lui nega la nostra relazione – riferisce la donna – e questo è un affronto alla mia dignità». Il legale triestino di Jagoda Mise nella citazione si appella ai principi della “correttezza” e della “buona fede” come stabilito dalla Cassazione con la sentenza 845 del 16 gennaio del 2007 da cui risulta che il principio della buona fede assume rilevanza oltre che quale principio di condotta generale cui devono essere ispirati i rapporti giuridici tra gli individui, anche quale fonte di conseguenze favorevoli per chi lo invoca. La parola passa ai giudici che, al Tribunale di Treviso. Sempre che non arrivi prima la contromossa giudiziaria dei legali di Moretti Polegato.
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