L'addio di Gorizia al professor Roca, il preside dei presidi. Era un riferimento per insegnanti e studenti
GORIZIA Per Alberto Roca, prima di tutto venivano i ragazzi. Proprio per questo motivo ai docenti delle sue scuole chiedeva la massima professionalità e oggi che non c’è più, gli insegnanti che hanno lavorato con lui, o che semplicemente lo hanno conosciuto, si sentono un po’ più poveri e smarrito. È questa l’eredità morale e professionale che ha lasciato al mondo della scuola, unita al rispetto dei ruoli.
Preside del Polo tecnico “Galilei-Fermi-Pacassi” di via Puccini dal 1999 al 2005 e prima del “solo” Istituto tecnico per ragionieri “Fermi” di via Diaz, il professor Roca si è spento mercoledì all’età di 77 anni nella propria abitazione.
Originario di Avellino e laureato in Lettere all’Università Federico II di Napoli, era arrivato a Gorizia alla fine degli anni Settanta dopo essere stato prima insegnante a Pordenone, poi a Monfalcone. Prima di intraprendere la carriera dirigenziale aveva insegnato Italiano e Latino. Come preside era presto diventato un punto di riferimento per tutti i colleghi. Centinaia di insegnanti e migliaia di studenti hanno sperimentato il suo metodo. «Spero di aver lasciato qualcosa di me: con i giovani ho sempre avuto un rapporto meraviglioso», aveva detto nel 2005, alla vigilia del pensionamento.
La notizia della sua morte si è rapidamente diffusa tra gli insegnanti e ha lasciato tutti attoniti. Laura Fasiolo, dirigente scolastica del Polo liceale, prima che senatrice, lo ricorda soprattutto come «un uomo di grande cultura». «Mi onoro di aver avuto vicino per tanti anni un collega eccezionale quale è stato il preside Alberto Roca», sottolinea, aggiungendo poi: «Era un punto di riferimento per noi presidi, un uomo di grande statura, di spicco nella scuola provinciale e regionale per un’autorevolezza che gli derivava dalla eccezionale competenza normativa e da un altro aspetto rilevante: la grande cultura umanistica. Una mente brillante, un educatore. Si dilettava nella lettura dei Classici latini e greci, attento anche alla Politica, quella con la P maiuscola. Dietro a una “scorza ruvida”, esprimeva un forte senso delle regole, umanità e sensibilità. La sua era un’indole solare e generosa. Un preside e un educatore che ci ha lasciato un modello di managerialità e di competenza».
«È un pezzo bello della nostra vita che se ne va». «Per noi della vecchia guardia è stato un mito», hanno scritto alcuni insegnanti. A nome di tutti a tracciarne il ricordo è stata la professoressa Barbara Macor. Lo descrive come severo e autorevole e, se necessario, uno che sapeva essere inflessibile. «Noi giovani eravamo intimoriti dalla sua presenza, ma, ben presto, abbiamo capito che dietro alla figura massiccia - sulla quale era solito ironizzare - e allo sguardo severo, c’era un preside che sapeva ascoltare. La sua fama, tuttavia, non era legata solamente a queste sue caratteristiche. Molti docenti, anche di altri Istituti e gli stessi presidi, ricorrevano a lui per avere consigli in merito alla normativa scolastica, campo nel quale la sua conoscenza era solidissima. Eppure, nell’animo, era indiscutibilmente un uomo di Lettere, laureato, come amabilmente e sornionamente ricordava, in “Lettere e Cartoline”». L’insegnante ricorda un giorno in cui andò in classe con lui. La lezione era sul canto dell’Inferno dedicato a Ulisse. «Si soffermava sui versi danteschi come se vi si fosse dedicato ogni giorno, mentre le questioni di cui si occupava abitualmente erano perlopiù gestionali e burocratiche». Il preside Roca sapeva essere anche di compagnia. Nei momenti conviviali «amava cantare villotte e canti napoletani». «Per molti di noi è stato una vera guida sia nelle difficili fasi della continua trasformazione della scuola tra gli anni Ottanta e 2000- anni nei quali è emersa la sua capacità di compiere scelte coraggiose e lungimiranti- sia nella pratica quotidiana. Per questo, e per molto altro, lo ricorderemo sempre», conclude l’ex docente del “Galilei-Fermi- Pacassi”.
L’ultimo saluto al preside Roca verrà dato sabato alla cappella del cimitero di Gorizia dalle 12 alle 13.30. Poi il feretro, accompagnato dalla figlia Debora, partirà verso Cervignano dove la salma verrà cremata. —
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