L’addio alla Regione Fvg: un dipendente su 3 in pensione nel giro di 5 anni

Alle mille uscite programmate se ne sommano altre 300 innescate dalla “quota 100”. Piano assunzioni da integrare
Il Palazzo sede della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia in piazza Unità d'Italia a Trieste
Il Palazzo sede della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia in piazza Unità d'Italia a Trieste

Un “comunale” su sei in pensione se passa la modifica della Fornero
Foto Bruni 05.01.13 Mikez e Jakez:a S.Giusto e sul municipio di piazza Unità

TRIESTE Non c’è solo la previsione, confermata, della giunta precedente: mille pensionamenti in Regione entro il 2024. C’è anche la novità, prevista dalla manovra economica della “quota 100”: somma di età anagrafica e contributiva che, stando alle simulazioni della Cgil Funzione pubblica, potrebbe aumentare a 1.300 la stima delle uscite. Concretamente, nel prossimo quinquennio, il Palazzo vedrà un dipendente su tre salutare gli uffici. E la giunta Fedriga dovrà dunque prevedere un programma di assunzioni che corregga all’insù i calcoli serviti per varare il piano 2018/19. Quel piano, approvato a inizio anno dalla giunta Serracchiani, disponeva 123 assunzioni a tempo indeterminato nel 2018 (con risorse già stanziate per 6,3 milioni) e 61 nel 2019. Un totale di 184 posti fissi in due anni, di cui 8 a livello dirigenziale. «Una buona risposta», commentarono Cgil, Cisl e Uil a fronte di 130 pensionamenti, di cui 11 dirigenziali, in agenda quest’anno, e di 220 nel biennio.

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Nel dettaglio, agli 8 dirigenti per il 2018 si sommavano 38 profili amministrativi in categoria D, 17 tecnici sempre in D, 13 amministrativi e 7 tecnici in C, altri 15 amministrativi con riferimento alla legge 68 del 1999, quella che riserva posti alle categorie protette. E ancora un giornalista, 13 amministrativi categoria C e 12 forestali in C. Quanto al 2019, i 61 ingressi sono la somma di 29 amministrativi in D, 10 tecnici in D e 4 in C, 11 amministrativi in C e 7 forestali in C. Questo il quadro di partenza sul tavolo del centrodestra. In un contesto al ribasso iniziato da tempo. Il rinnovo del contratto del comparto – la firma delle parti è di due giorni fa – è un punto di riferimento. L’aumento di 82 euro medi riguarda circa 13 mila persone tra Regione, Uti e Comuni, 3 mila in meno di quelle che furono coinvolte nel precedente rinnovo, nel 2009. Il blocco del turnover dei primi anni della crisi avviò la riduzione, ma è soprattutto negli ultimi che si è andati in picchiata. Nel contempo c’è stato pure un rimescolamento di personale. Con il superamento delle Province, i lavoratori delle aree vaste sono stati assorbiti in Regione. Un totale di un migliaio di ingressi che ha trasformato i regionali in un esercito di 3.600 addetti. Senza però soddisfare in alcun modo i sindacati.

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Foto BRUNI 20.06.2018 L'esame di maturità ai Licei Dante e Petrarca


«Impensabile che gli ex provinciali possano essere i sostituti di chi andrà in pensione, dato che si tratta di professionalità specifiche, come per esempio quelle della motorizzazione civile e della gestione della viabilità, che non potranno essere convertite in tutta fretta a occuparsi di altre funzioni, lasciando scoperte quelle in cui sono ampiamente preparate», spiega Mafalda Ferletti, segretaria regionale della Cgil Fp. In sintesi, «i lavoratori non sono fazzoletti di carta da imprestare in caso di raffreddore, tanto più per il fatto che, a causa dei vuoti d’organico, gli enti si sono ammalati di qualcosa di molto più serio». Un primo avvertimento all’assessore alle Autonomie Pierpaolo Roberti che, nell’annunciare il disegno di legge di incenerimento della riforma delle Uti, ha fatto trapelare l’intenzione di coprire il fabbisogno in Regione appunto con i dipendenti delle ex Province, aprendo poi i bandi per nuove assunzioni a favore dei Comuni e degli enti intermedi elettivi che la giunta intende istituire entro fine 2019.

Un’ipotesi su cui l’assessore, sollecitato a un approfondimento, preferisce non intervenire, ma che non convince certamente la Cgil, decisa sin d’ora a chiedere «un immediato piano di contenimento del saldo negativo tra ingressi e uscite. I contenuti? Via libera alla copertura del turnover – insiste Ferletti –, ma anche sfruttamento delle porte aperte dallo statuto speciale. Bisogna essere più coraggiosi, senza dimenticare che vanno stabilizzati precari e interinali che, a decine, continuano a lavorare nel pubblico impiego del Friuli Venezia Giulia senza alcuna sicurezza».

Sul lavoro flessibile, peraltro, sono stati i rappresentanti dei Comuni a chiedere pochi giorni fa in Consiglio delle Autonomie all’assessore alla Funzione pubblica Sebastiano Callari alcune modifiche al ddl sul sistema integrato del pubblico impiego regionale e locale, in particolare rispetto alla possibilità di ricorrere, anche per il 2019, a forme di lavoro flessibile. «Un approccio che può avere un senso solo per il periodo necessario alla stabilizzazione – osserva ancora la segretaria della Cgil –. Se invece si ritiene di continuare a mantenere uno stato di precarietà, non ci potrà mai essere la nostra approvazione, in una situazione in cui servono invece posti fissi per giovani che potrebbero finalmente abbassare l’età media di chi lavora in Regione, pari oggi a 53 anni, e nei Comuni, solo di poco più bassa». —


 

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