L’addio al figlio di 6 mesi poi la morte del marito nel burrone: l’inferno visto da Fatima
È sotto choc in una casa d’accoglienza della Caritas la donna di 27 anni in fuga insieme al migrante precipitato nel dirupo. «Sognavo un futuro, ora non ho nulla»

I soccorsi
TRIESTE In Algeria, il loro Paese d’origine, avevano lasciato il figlio di sei mesi con i nonni. Avevano intrapreso un viaggio della speranza per costruire un futuro migliore in Europa, dove poi portare anche il piccolo. Ma Fatima Zahra Belmokhtar è rimasta vedova appena a 27 anni. Suo marito 30enne è morto sotto ai suoi occhi, mercoledì sera, mentre attraversavano il confine tra ltalia e Slovenia.
Piange a dirotto al Teresiano di via dell'Istria, a Trieste, dove è stata immediatamente ospitata grazie alla chiamata della Polizia di frontiera alla Caritas, la struttura diretta da don Alessandro Amodeo, con cui c'è un filo diretto. «La mia vita era con mio marito, avevamo progettato il futuro assieme, adesso sono sola, in un posto in cui non conosco nessuno, non so dove sbattere la testa», sono state alcune delle poche parole che la donna è riuscita a dire a Katarina Modic, responsabile dell’area accoglienza della Caritas, quando ieri sera, verso le 21, è stata portata al centro. Prima che Fatima Zahra si addormentasse, Modic è rimasta due ore per tranquillizzarla: «Le abbiamo detto e le continueremo a dire che per qualsiasi cosa saremo qui. Noi cerchiamo di non sforzarla a dirci le cose. È in uno stato di fragilità estrema. Resterà con noi finché ne avrà bisogno», sottolinea la responsabile. Per ora nessuno le ha chiesto nulla sul viaggio e sulla sua vita. Gli operatori hanno lasciato che raccontasse liberamente, quando se la sentiva, ciò che voleva condividere con loro.
Fatima Zahra è ancora sotto choc. Ieri mattina - dopo una notte in cui, sfinita, non ha chiesto altro aiuto agli operatori - è andata in Questura, accompagnata, per presentare la richiesta d’asilo. La sera prima aveva invece fatto il fotosegnalamento assieme all’altro compagno di viaggio, un giovane marocchino di 29 anni, che al momento è ospite a Casa Malala. Il ragazzo era con lei nel momento dell’incidente, quando il marito di Fatima Zahra è scivolato in un dirupo nella zona di San Servolo. Si trovavano vicino al Monte Carso. L'uomo ha fatto un volo di oltre venti metri. I soccorritori - due uomini della Forestale, sei tecnici del Soccorso alpino di Trieste, i vigili del fuoco, l'ambulanza e l'elisoccorso oltre agli agenti della Questura e della Polizia di frontiera - hanno trovato Fatima Zahra tutta sporca di sangue. Le hanno dato per questo degli abiti nuovi. Aveva cercato di raggiungere il marito più volte, così ha raccontato a Modic in francese, la sua seconda lingua. Poi si era spinta fino al centro abitato di San Servolo in cerca di aiuto. Lì sembra aver trovato qualcuno e forse anche la polizia. I racconti sono molto imprecisi perché Fatima è ancora molto agitata. «Le stiamo dando tutto il tempo per ambientarsi», sottolinea Modic.
Non si sa ancora né perché né come lei, il marito e il compagno di viaggio siano arrivati fino a Trieste. Ha solo detto di aver viaggiato con il visto in Turchia. Spiega Gianfranco Schiavone, presidente dell’Ics, il Consorzio italiano di solidarietà che a Trieste si occupa operativamente di accoglienza dei migranti: «Potrebbero poi aver raggiunto la Grecia o la Bulgaria via mare, per poi percorrere la rotta balcanica a piedi, appoggiandosi probabilmente a qualche passeur. L’Algeria non è un Paese sicurp – spiega ancora Schiavone -. È un territorio segnato da grandi tensioni politiche, abbiamo parecchie domande d’asilo di algerini qui a Trieste, molti hanno legami con parenti in altre zone d’Europa».
Quando è arrivata al Teresiano Fatima Zahra non aveva nulla con sé: nemmeno uno zaino, che invece è rimasto nel bosco. «Le abbiamo detto che potevamo recuperarle dei vestiti e forse anche lo zaino, ma ci ha detto che in questo momento non le serve nulla, ha altro a cui pensare», spiega Modic. Alla responsabile dell’accoglienza della Caritas ha mostrato le foto di lei e suo marito, ma anche quelle che avrebbe scattato proprio sul luogo dell’incidente. Dal Teresiano ha avuto accesso al wifi attraverso il quale ha contatto i famigliari. Ha poi chiamato anche il consolato dell’Algeria che ha sede a Milano per capire come agire per far rientrare la salma in Algeria: è lì che vuole che vengano svolti i funerali. Bisognerà però attendere il nulla osta della Procura, che potrebbe anche chiedere l’autopsia. —
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