Lacrime, canti e applausi: l’abbraccio di Trieste ai suoi “figli delle stelle”
Migliaia di persone in visita alla camera ardente in Questura per rendere omaggio agli agenti morti. A fine giornata l’urlo dei colleghi: «Matteo e Pierluigi presenti»
Trieste, una folla alla camera ardente degli agenti uccisi in Questura
TRIESTE Le luci blu della “loro” volante accese per l’ultimo saluto. Le campane della chiesa della Beata Vergine del Rosario che suonavano a lutto. E poi la commozione di migliaia triestini, accorsi per salutare i “figli delle stelle”. Così la città ha abbracciato ancora una volta Matteo Demenego e Pierluigi Rotta, i due agenti di Polizia uccisi il 4 ottobre scorso dai colpi di pistola esplosi da Alejandro Stephan Meran, il ventinovenne della Repubblica dominicana ora in isolamento al Coroneo.
Camera ardente per gli agenti uccisi, arrivano i feretri
I feretri dei due poliziotti sono arrivati nel famedio della Questura pochi minuti dopo le 18 di ieri e, appena il picchetto d’onore si è schierato e le due bare sono state portate fuori dai carri mortuari, la folla si è lasciata andare ad un lungo e commosso applauso. Un modo per esprimere gratitudine, affetto e ammirazione alle sue forze dell’ordine. Gli stessi sentimenti manifestati in questi dodici giorni, durante i quali il pellegrinaggio davanti al luogo della tragedia non si è mai fermato, a riprova di quanto quelle due morti abbiano fatto sprofondare la città in un incubo.
Ieri attorno alle 16, ben prima dell’apertura della camera ardente allestita nel famedio, in Questura sono arrivati i parenti di Rotta e Demenego seguiti, dopo un quarto d’ora, dal capo della Polizia Franco Gabrielli. Ad accoglierli il questore Giuseppe Petronzi che, insieme a Gabrielli, si è intrattenuto in un lungo colloquio con le famiglie. I genitori e la fidanzata di Demenego hanno quindi chiesto di poter accompagnare Matteo nell’ultimo viaggio e sono stati portati in via Costalunga.
Con il passare dei minuti sempre più persone hanno iniziato a radunarsi in via del Teatro Romano e Piazza vecchia. Chi con un fiore, chi con un pensiero. Più di qualcuno ha voluto portare i figli per spiegare cosa significa fare il poliziotto. Su alcune finestre il tricolore con il segno del lutto. Il picchetto d’onore si è schierato in via Tor Bandena, sulle ringhiere del Teatro romano i colleghi della Mobile in borghese che guardavano con gli occhi lucidi. Poco distante inizialmente c’erano quattro volanti schierate, ma una è dovuta andar via per una chiamata. Non una macchina qualsiasi, tra l’altro, bensì quella che anche i “figli delle stelle” usavano per il loro servizio quotidiano sulle strade.
Addio a Pierluigi e Matteo, il coro degli alpini alla camera ardente in Questura
Pochi minuti prima delle 18 i lampeggianti si sono accesi. In un lungo corteo sono arrivate le moto della Polizia e i due carri funebri. Un silenzio rotto solo dal suono delle campane a lutto della vicina chiesa Beata Vergine del Rosario.
A portare i corpi di Demenego e Rotta nel famedio i loro colleghi della squadra Volanti che hanno caricato sulle spalle le due bare avvolte nel tricolore. Poco dietro il cuscino con i cappelli di ordinanza. Solamente quando si sono schierati davanti al picchetto d’onore la città si è sciolta in un lungo e commosso applauso. Poi i tre suoni del “Silenzio” eseguiti dalla tromba. Poco lontano e con gli occhi lucidi il personale del 118 e i Vigili del Fuoco, persone che hanno lavorato con Matteo e Pierluigi sulla strada in centinaia di interventi e che hanno voluto portargli l’ultimo saluto.
Una volta nel famedio i corpi sono stati benedetti dal vescovo Giampaolo Crepaldi e c’è stato un lungo momento dedicato alle famiglie alla presenza di Gabrielli, del questore e del prefetto Valerio Valenti. Poi è stata la volta delle autorità, con il sindaco Roberto Dipiazza e parte della sua giunta. Proprio in quel momento i colleghi delle Volanti sono usciti e si sono chiusi in un lunghissimo abbraccio al termine del quale è stato urlato: «Matteo presente. Pierluigi presente». Ancora una volta le persone in attesa hanno applaudito con gli occhi lucidi. Sono poi entrati i cittadini, due file lunghissime.
«Non si può morire così, per un maledetto motorino» si è lasciato scappare un uomo. Il coro dell’Associazione nazionale alpini della sezione Guido Corsi di Trieste ha intonato “Signore delle cime” «dedicato a chi va avanti», racconta il presidente Luigi Gerini. Dentro in molti hanno voluto salutare i parenti di Matteo e Pierluigi ringraziandoli per il loro sacrificio. Davanti alla Questura in via del Teatro Romano una volante con sopra dei fiori: addio figli delle stelle. —
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