L’accordo sulle Uti passa tra le proteste
TRIESTE. Passa tra roventi polemiche la legge stralcio che recepisce l'accordo sulle Uti stretto nei giorni scorsi da Regione e Anci. Frizioni dappertutto: sulle Unioni, sulle Province, sui musei di Gorizia. Dopo due giorni d'aula, il testo incassa i voti della maggioranza, l'astensione del Ncd e gli strali del resto dell'opposizione, che continua a ritenere insoddisfacente la traduzione normativa dell'intesa fra giunta e rappresentanza dei sindaci.
La maggioranza rivendica i meriti della propria apertura dopo le rigidità precedenti sul contestato avvio delle Uti. L'ingresso dei Comuni resta obbligatorio e la piena integrazione delle funzioni fissata per il 2018, ma lo stralcio riduce il numero di competenze da esercitare inizialmente in forma associata per i Comuni che hanno dimensioni tali da poter essere autosufficienti. Le modifiche trasformano inoltre la penalizzazione finanziaria per i municipi rimasti fuori dalle Uti, eliminando il famigerato fondo perequativo e introducendo quello per gli investimenti: 25 milioni rivolti comunque a sostenere i Comuni che aderiscono alle Unioni. Per il centrosinistra, cadrebbero così le ragioni dei sindaci contrari a far parte delle Uti, ma il centrodestra attacca.
La relatrice di minoranza, Barbara Zilli (Lega), parla di «continua e surreale metamorfosi della riforma: dopo aver mostrato la sua foga riformatrice, la giunta riconosce la necessità di leale collaborazione tra enti locali e allenta la rigidità, ma il fondo per gli investimenti continua a sfavorire chi resta fuori». Dura anche Elena Bianchi (M5s): «Rimane il carattere coercitivo di questa riforma sbagliata». L'assessore Paolo Panontin e il relatore di maggioranza Pietro Paviotti (Cittadini) rivendicano invece «valore e portata dell'accordo con l'Anci, che recepisce il lavoro tecnico e politico di questi mesi».
Il capogruppo Pd Diego Moretti invita l'opposizione a «smettere di rilanciare: oggi si dà finalmente avvio alle Uti, nel quadro dell'intesa fra Regione e Comuni». Non la pensano così i sindaci di Tarvisio, Talmassons e Forgaria - Renato Carlantoni, Piero Mauro Zanin e Pierluigi Molinaro - da sempre critici sulla riforma. In una nota, i tre evidenziano che «le modifiche non rispettano completamente quanto concordato con l'Anci. Se è positivo l'azzeramento del fondo perequativo, dal 2017 sono previste riduzioni delle risorse del fondo ordinario per i Comuni che, seppur adeguati a gestire in proprio le funzioni, decidano di non entrare nelle Uti. Togliere tutte le penalizzazioni era la condizione per ristabilire la leale collaborazione: ora convocheremo i sindaci liberi e ricorrenti per analizzare le prossime azioni di lotta».
Le tensioni si annidano anche in altri passaggi di una legge diventata quasi "omnibus" a suon di emendamenti. Il centrodestra stigmatizza la proroga di altri sei mesi delle giunte provinciali di Trieste e Gorizia, scadute in primavera, il cui commissariamento era previsto per il 1 luglio ma che verranno protratte in attesa che l'approvazione a Roma del nuovo statuto speciale cancelli definitivamente enti con sempre meno competenze. Se per Panontin si tratta di «una bagarre assurda su una norma di carattere tecnico», l'opposizione vi vede il tentativo di continuare a garantire un lauto stipendio a presidenti e assessori. Altri attacchi giungono dal centrodestra anche sull'emendamento che assegna la proprietà indivisa delle collezioni dei musei provinciali ai Comuni di Gorizia e Monfalcone.
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