La vita nel lager di Laureni e Guareschi

Alla Risiera la rassegna sui taccuini di Laureni e Guareschi. La storia dei militari internati attraverso rari documenti e testimonianze      Fotogalleria 

Ci stivarono in carri bestiame e ci scaricarono, dopo averci depredato di tutto, fra i pidocchi e le cimici di lugubri campi». Così Giovanni Guareschi scrisse nei suoi diari di prigionia la tragedia della deportazione toccata dopo l'8 settembre a ufficiali e soldati italiani che non aderirono alla Repubblica di Salò. Tra questi c'era anche il triestino Nereo Laureni (1919-2008) che passò due anni, dal '43 al '45, in campi di concentramento in Polonia e Germania, campi dove non si lavorava, ma si pativano fame, freddo, inedia e paura.

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Guareschi scriveva e s'inventava giornali di fortuna. Laureni, cui la guerra aveva interrotto gli studi di architettura, disegnava lo squallido paesaggio del suo recinto: tavoli, sedie, letti a castello, e il «Volga Volga», non un «bunga bunga» ma il trasporto di botti di sterco a opera dei soldati russi. Riuscì a portare a casa 158 tavole intatte. Le mise in uno scatolone e quasi le dimenticò, impegnato finalmente a vivere. Adesso per le manifestazioni del Giorno della memoria il Comune espone la collezione intera alla Risiera di San Sabba, affiancando ai disegni del triestino le parole di Guareschi in una sequenza di pannelli. Oggi alle 17 s'inaugura la mostra "Guareschi e Laureni: segni dai Lager.

Testimonianze di due internati militari" promossa dall'assessorato alla Cultura e realizzata dai Civici musei, a cura di Francesco Fait (curatore del Civico museo della Risiera) e di Anna Krekic (nucleo Ricerche e progettazioni degli stessi musei), con un catalogo che riproduce tutte le opere e i pannelli. «Dopo le rassegne su Zoran Music, di Mario Moretti e di Giovanni Talleri - ha detto ieri l'assessore Massimo Greco nella presentazione - continuiamo a occuparci del rapporto arte-storia con una vicenda poco indagata ancora, quella degli "Imi", internati militari italiani, ben 600 mila soldati, costretti a una prigionia dura, dove solo la cultura e l'arte aiutarono a superare le lunghe, noiose, fredde e affamate giornate dei lager, che i disegni di Laureni ci restituiscono in toccante presa diretta".

«Documenti interamente salvati dalla distruzione - ha sottolineato Adriano Dugulin, direttore dell'Area cultura e dei Civici musei - e dunque un "corpus" di altissimo valore: là dove tutti erano espropriati di nome e identità, i prigionieri riaffermavano con l'arte la propria dignità di uomini». Per Fait disegni e testi (il materiale dello scrittore è stato fornito dai figli Carlotta e Alberto) saranno per i 50-60 mila visitatori annuali attesi in Risiera, e soprattutto per le scuole, come un "fumetto" utile per apprendere facilmente. La conoscenza di questi disegni, scabri ed evocativi, si deve alle cure di Umberto Laureni, il figlio.

«Mio padre non parlava molto del periodo di prigionia - ha ricordato - e solo saltuariamente apriva lo scatolone dei disegni». Fece il grafico, anche per il Comune. Realizzò molte pergamene ornate per situazioni ufficiali, e anche per le cerimonie di posa della "prima pietra". Una di queste è sepolta sotto il palazzo della Rai. Infine tornò a occuparsi finalmente di grafica, e grafica pubblicitaria. Nel giustamente disadorno spazio espositivo della Risiera sono esposti oltre ai disegni anche oggetti che Laureni portò a casa dalla prigionia, ma è la testimonianza del disegnatore che emoziona: trasmette la tristezza tragica dei luoghi e delle situazioni ma anche il riflesso di una luce interiore. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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